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di GIANNI CERASUOLO
Tra poco più di una settimana, il 24 febbraio, dovrebbe riprendere a Paola il processo per le morti alla Marlane. Il 24 febbraio gli avvocati hanno fissato la seconda giornata di sciopero della categoria che protesta iberizzazioni del governo Monti. Di conseguenza, il processo della Marlane rischia di saltare ancora.
Dopo la sentenza di Torino sull’Eternit e la condanna a sedici anni dei proprietari viene spontaneo pensare alla vicenda Marlane e invocare un Guariniello anche per la Calabria. Perché si deve a un magistrato deciso e che sa fare il proprio lavoro – non si dimentichi anche il processo Thyssen – se si è arrivati ad una sentenza che tutti hanno definito – anche fuori dal nostro Paese – storica. Un magistrato che ha saputo spogliarsi negli ultimi anni di un protagonismo che pure aveva caratterizzato un tempo il suo operato.
Ci vuole per la Marlane un Raffaele Guariniello perché la morte di decine e decine di persone, e la malattia di altrettante non possono restare impunite. Invece questa drammatica vicenda rischia di finire in una bolla di sapone come se morire di cancro in una fabbrica fosse un fatto normale da ascrivere ad un destino crudele. Anche alla Marlane, come alla Eternit di Casale Monferrato, la gente era a contatto con l’amianto, i telai avevano dei freni che funzionavano con la sostanza killer. Non solo. L’amianto che si sprigionava dai freni si spandeva su altri impianti perché la polverina veniva eliminata con una pistola ad aria compressa che spandeva i minutissimi frammenti dappertutto. Non c’era però solo l’amianto a Praia. L’imputato numero uno è il cromo esavalente, una roba che fa venire leucemie e altri tipi di tumori. Che provocò morte già agli inizi degli anni Settanta.
Quarant’anni sono passati. I funerali si sono moltiplicati, il dolore dei familiari delle vittime è cresciuto. Come la solitudine. Quarant’anni per fare un processo dopo che pressioni, ricatti, intimidazioni hanno rallentato ogni cosa: vietato parlare della fabbrica della morte. Se i proprietari dell’Eternit di Casale sono stranieri, quelli della Marlane sono italianissimi e appartengono ad una delle dinastie industriali del nostro Paese: i Marzotto. Tuttavia il procedimento di Paola rischia di tramutarsi in una farsa poiché non si contano più i rinvii dall’apertura del processo: difetto di notifica si chiama, tecnicamente parlando. Gli avvocati fanno il loro mestiere e adoperano tutti i mezzi a disposizione della difesa (ma anche le parti civili, pare, abbiano commesso degli errori). Del resto nel collegio difensivo c’è l’avvocato Ghedini, il legale di Silvio Berlusconi, esperto nel procrastinare i procedimenti giudiziari laddove gli si offre uno spiraglio.
Sul processo di Paola incombe lo spettro della prescrizione. Una beffa per i morti e per i vivi. Uno schifo se dovesse accadere. Considerato che la Calabria ha già avuto tante vittime per morti sospette nelle fabbriche. Basterebbe ricordare l’ex Montedison di Crotone. La Calabria, insieme alla Sicilia, non ha ancora fornito una mappatura del rischio amianto: lo dicono al ministero dell’Ambiente e lo scrive il Corriere della Sera. La Regione nel 2011 ha però approvato una legge amianto affinché si monitorassero i rischi della micidiale sostanza, come fare e chi deve fare la mappatura. Speriamo che si sbrighino. Ieri Guariniello in Senato ha parlato della necessità di istituire una Procura nazionale per garantire sicurezza su posti di lavoro. Una procura che combatti la piaga di questi “omicidi” come si fa con la mafia.
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