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La domanda che aleggia in questi giorni, soprattutto dopo il grande successo ottenuto con il suo viaggio negli Stati Uniti, è se Mario Monti potrà aggirare la boa dei 2.400 emendamenti al decreto sulle liberalizzazioni.
I partiti che fanno maggioranza sia pure da posizioni discordanti (situazione assolutamente anomala nella storia del Parlamento italiano), e cioè il PD, il Terzo Polo e il PdL, sono tra i maggiori estensori di proposte di modifica dei provvedimenti decisi dal Governo. E ad essi si aggiungono le àncore distribuite dai partiti che sono fuori maggioranza, come l’IdV di Di Pietro e la Lega di Bossi (o ormai si dovrebbe dire di Maroni? Vedremo!). Insomma, non è proprio scontato che Mario Monti navighi tranquillo su mare calmo. Anzi, per seguire la metafora, il mare si sta agitando notevolmente proprio dal giorno in cui all’estero sono stati sanciti l’autorevolezza e il grande fascino di Mario Monti, “l’uomo dal loden”, come è stato definito negli Stati Uniti da un giornale, che così gli ha anche attribuito dei punti in più per la sua normale eleganza.
Nulla di eccezionale, la conferma di quella sobrietà che lo distingue e che lo ha sempre identificato come intellettuale di buon senso ma di dura determinazione. Insomma una specie di “giunco” dalla fibra forte. Sapersi abbassare per far passare l’aratro, come dice un vecchio proverbio, non significa per lui paventare gli eventi, ma soltanto evitare la tempesta e poi continuare nel normale percorso di elaborazione di dati e di proposte. Lo ha fatto quando si è trovato per dieci anni nella Commissione europea come titolare della “concorrenza”, cosa che gli ha permesso tra l’altro di costruirsi un’immagine forte di tecnico di ottima cultura ma persona di stile, di eleganza, di buon senso, e conoscitore delle debolezze umane, quindi capace di comprensione. Comprensione, ma non sua debolezza. E ora come capo del Governo italiano continua imperterrito a comportarsi come ha sempre fatto: con naturalezza, deciso e competente.
Le sue decisioni, che tracciano la linea anche per gli altri ministri, possono non essere condivisibili, ma questo non toglie che sono frutto di riflessione e di studio. Ecco, una delle forze è che in caso di divergenze l’interlocutore o l’oppositore dovrebbe dimostrare che la strada da lui segnata sia errata o dannosa. In una situazione di emergenza dalla quale mister Monti è stato spinto a interpretare un ruolo preminente al quale probabilmente non aveva pensato nella sua vita – tranne forse in qualche suo momento di particolare superstima mai espressa pubblicamente – certo nessuno si azzarda oggi a porre in dubbio le sue capacità di leader. Inoltre c’è un elemento non trascurabile: il popolo italiano per una buona percentuale – si parla del 60 per cento – anche se colpito dalle decisioni del Governo finora portate in Parlamento, che prospettano una sfilza di sacrifici pesanti per tutti (tranne per i super ricchi, che sono stati lasciati in pace, continuo a ripetere che Monti ha fatto male a non chiedere anche a loro un contributo consistente, che nella loro personale economia non avrebbe avuto grandi conseguenze!), tuttavia hanno capito lo sforzo e la buona fede di questo nuovo leader sbucato dall’ultima fila dei “funzionari” o dei “professori”, scoperto dall’occhio vigile diel presidente della Repubblica Napolitano e stanno accettando i sacrifici nella speranza che tutti insieme si possa salvare l’Italia. Immagine interna e immagine esterna, stanno facendo di Monti il punto di riferimento di Obama in Europa, che poi è come se fosse una nuova e diversa investitura di una delega a negoziare con maggiore forza con gli altri capi di Stato e di Governo in Europa per indirizzare un nuovo percorso unitario più funzionale in questa crisi, e soprattutto per far capire ad Angela Merkel, che si è assunta il compito del doberman dei debiti dei singoli Paesi.
Ora Monti ha una chance in più per poter parlare come suggeritore di un nuovo equilibrio in Europa, fondato su rigore ed equità. E soprattutto finalmente la statura politica per rilanciare il processo di unità politica dell’Europa: unico bilancio, unico esercito, unica politica economica, unico popolo con le varie diversità da rispettare e valorizzare.
Il Time gli ha dedicato la copertina, il New York Times gli ha dedicato per due giorni le aperture riconoscendogli un appeal completamente diverso e convincente i rispetto al precedente presidente del Consiglio.
Non era scontato questo risultato. C’è stato. Ora sta a lui saper dosare l’effetto domino di questa nuova simbolica “investitura”. Il presidente Napolitano si è espresso ancora una volta riconoscendo questo valore e suggerendo indirettamente ai partiti di non rompere in Parlamento il “meccano” (l’antico e dimenticato gioco dei bambini, ricordate?) messo insieme con difficoltà, che sarebbe un delitto demolire a colpi di emendamenti irrazionali, come fossero ostruzionismi. La verità è che i partiti non faranno cadere il Governo Monti, perché non saprebbero come spiegare poi agli elettori il fallimento della politica del “recupero” di una normalità ancora lontana.
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Già si parla dell’ipotesi che nelle elezioni 2013 Monti si ponga a capo di un movimento centrista che possa raccogliere tutte le forze moderate di destra, centro e sinistra. Mi sembra tutto prematuro. E poi, secondo me, lo scenario del 2013 sarà il più imprevedibile possibile. Intanto Berlusconi aspira alla Presidenza della Repubblica. E questo è il motivo per cui, nonostante abbia detto che non si ricandiderà come capo del Governo, sta tornando a riprendere la guida del PdL, insoddisfatto anche di come si muove Alfano, che gli sembra inadeguato al ruolo, non lo ritiene in grado di garantirgli una maggioranza vasta per poter traslocare al Quirinale. Ma si fa strada anche l’ipotesi che invece di candidarsi alla Presidenza del Consiglio, secondo lo schema che ho illustrato prima, Monti possa essere candidato alla Presidenza della Repubblica, visti l’aplomb, la calma, il sangue freddo e la preparazione e la capacità di governare le turbolenze.
Sarebbe sostenuto dal terzo Polo, anche se nessuno finora ha avanzato la proposta, ma viene naturale pensarci. Monti ha detto che non si candiderà nelle elezioni del 2013. Ma per aspirare al Quirinale non è necessario candidarsi a nulla. Essendo già senatore a vita, potrebbe aspirare alla massima carica, facendo il percorso contrario a quello di tutti gli altri Presidenti della Repubblica, diventati dopo senatori a vita di diritto. Ma si vedrà anche questo.
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Le semplificazioni sono l’altra questione importante per questo Governo. Eliminazione di tempi morti per varie autorizzazioni. Prendiamo la norma per il certificato di residenza in tempo reale, si dice due giorni. In realtà sembra impossibile, finché non sia stato aggiornato l’apparato informatico, e si parla di circa un anno. Tutte le funzioni anagrafiche sono pertinenza dello Stato demandate al sindaco come ufficiale dello Stato. Quindi c’è di mezzo il Ministero dell’Interno che su qualsiasi variazione ha il diritto di esprimere la sua valutazione e perfino opporsi. Insomma, la burocrazia non è così facile bypassarla. E del resto lo scopo della semplificazione non è eliminare controlli o mettere in pensione i burocrati. L’obbiettivo è far diventare efficiente la burocrazia, cosa che in Italia è stata una delle cose impossibili. Ma io spero che questo consenso popolare al Governo Monti, nonostante i gravi sacrifici, possa condurre a un cambiamento mentale anche da parte dei burocrati.
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