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Un’organizzazione criminale «presente su tutto il territorio nazionale, globalizzata ed estremamente potente sul piano economico e militare», al punto da «poter essere definita presenza istituzionale strutturale nella società calabrese, interlocutore indefettibile di ogni potere politico ed amministrativo, partner necessario di ogni impresa nazionale o multinazionale che abbia ottenuto l’aggiudicazione di lavori pubblici sul territorio regionale». A dare questa allarmante immagine della ‘ndrangheta è l’ultima relazione sull’attività annuale della Direzione nazionale antimafia.
Secondo gli analisti, i clan puntano a consolidare la propria supremazia «con immutata arroganza», forti di una disponibilità finanziaria praticamente «illimitata» (frutto per lo più del traffico di stupefacenti e di lucrosi investimenti immobiliari e di imprese) e di una «diffusione territoriale che non conosce confini». Le indagini portate avanti negli ultimi anni denunciano una «presenza massiccia nel territorio che non trova riscontro nelle altre organizzazioni mafiose». L’organizzazione «si avvale di migliaia di affiliati che costituiscono presenze militari diffuse e capillari ed, al contempo, strumento di acquisizione di consenso, radicamento e controllo sociale».
Il processo di internazionalizzazione è sempre più avanzato: alla presenza all’estero di immigrati calabresi «fedeli alla casa madre si è aggiunta una strutturale presenza (militare e strategica) di soggetti affiliati a ‘localì formati ed operanti stabilmente in Germania, Svizzera, Canada ed Australia che, fermo restando il doveroso ossequio alla ‘casa madrè, agiscono autonomamente secondo i modelli propri dei locali calabresi autoctoni». Risultato: «la ‘ndrangheta , da fenomeno disconosciuto (o, per meglio dire sottovalutato), può oggi essere considerata una vera e propria «holding mondiale del crimine». E il «merito» è anche della «nuova generazione» di ndranghetisti che, «pur conservando il formale rispetto per le arcaiche regole di affiliazione, oggi non sono solo in grado di interloquire con altre categorie sociali, ma anche di mettere a frutto le loro conoscenze informatiche, finanziarie e gli studi intrapresi»; ecco che gli «inquietanti rapporti intrattenuti con rappresentanti delle istituzioni, con politici di alto rango, con imprenditori di rilevanza nazionale non sono soltanto frutto esclusivo del clima di intimidazione e della forza intrinseca del consorzio associativo, bensì il risultato di una progettualità strategica di espansione e di occupazione economico-territoriale, che, oramai, si svolge su un piano assolutamente paritario», anche in realtà come quelle del nord Italia dove le ‘ndrine operano «in sinergia con imprese autoctone o, in talune occasioni, dietro lo schermo di esse».
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