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Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha annunciato di avere firmato «il decreto di valutazione d’impatto ambientale, l’ultimo che mancava per il rigassificatore di Gioia Tauro». Una notizia attesa da tempo, l’iter era stato avviato nel 2005, e che accende il disco verde per la costruzione di un’opera che, nel territorio della Piana di Gioia Tauro, ha suscitato anche veementi polemiche, soprattutto nei tre comuni dell’area portuale che ospiteranno l’impianto, vale a dire San Ferdinando, Rosarno e, appunto, Gioia Tauro. La società incaricata della gestione del rigassificatore è la Lng, che per il 69% è controllata da Fingas srl, formata dai due colossi energetici Iride e Sorgenia, subentrati in una fase successiva alla presentazione del progetto da parte di Mdgas Italian srl. Il sistema industriale prevede l’installazione di un pontile di 600 metri esterno al porto di Gioia Tauro che servirà per l’attracco delle metaniere, fino a un massimo di 265 mila m3. Per la costruzione dell’impianto serviranno 47 ettari e 4 serbatoi, affiancati da un impianto per la trasformazione del prodotto liquido allo stato gassoso. Il rigassificatore di Gioia Tauro avrà la capacità di circa 10,5 miliardi di m3 di rigassificazione e, una volta entrato a pieno regime, dovrebbe coprire il 10% della domanda nazionale. Altro progetto connesso a quello del rigassificatore è la cosiddetta «piastra del freddo», insieme di aziende che possono avvantaggiarsi della presenza del rigassificatore acquisendo alimentazione a bsso costo, già finanziata.

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