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POTENZA – Hanno formazione e professionalità diversificate, ma vengono quasi tutti da ruoli dirigenziali all’interno degli uffici di giunta e consiglio regionale, e, soprattutto, sono persone “note”. In comune hanno adesso anche un’altra cosa: sono gli otto candidati ammessi alla prova orale del concorso bandito dal Consiglio regionale per la copertura di tre posti da dirigente a tempo indeterminato. Ecco i loro nomi: Patrizia Minardi (dirigente dell’ufficio Autorità di gestione del Po Fesr della presidenza della giunta), Antonio Carluccio (della segreteria dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale), Anna Pedio (dell’area Bilancio, ragioneria e gare del Consiglio), Raffaele Beccasio (dell’ufficio della direzione generale del Consiglio), Maria Rosaria Pace (dell’ufficio della segreteria generale della giunta), Antonio Corona, Emilia Piemontese (comandante della Polizia provinciale di Potenza) e Gerardo Travaglio (consigliere comunale di Latronico e dirigente amministrativo del Parco del Pollino). Questi gli otto bravi e fortunati che all’orale di febbraio si giocheranno il posto fisso da dirigente per uno stipendio annuo lordo che si aggira tra gli 80 e i 90 mila euro.
Un concorso nato sotto una cattiva stella, quello messo a bando dal Consiglio regionale: emanato già nel 2009, era rimasto fermo fino a qualche mese fa, attirando, fin dal suo concepimento, numerose contestazioni da parte del sindacato. Poco convincente, secondo la Fp Cgil, che ne aveva chiesto l’annullamento, sarebbe l’eccessiva genericità dell’avviso pubblico, che parla di posti da dirigente, senza precisare l’area di destinazione, e che gli stessi requisiti che appaino fumosi: ai candidati non viene richiesto nessun titolo di studio specifico, se non una generica laurea. Il che sarebbe una palese violazione di quanto previsto dal decreto legislativo numero 29 del ‘93, secondo cui i candidati devono essere in possesso di un diploma di laurea attinente al posto messo a concorso. Ma tra le anomalie non c’è solo questa. A far sobbalzare i sindacalisti dalla sedia era stata pure la mancata valutazione dei titoli (professionali, accademici e di servizio). L’avviso pubblico prevede che la selezione sia basata esclusivamente sulle prove d’esame. In più comunicati ufficiali, la Funzione pubblica della Cgil aveva parlato di “mortificazione del merito”, a vantaggio di una “più ampia ed esclusiva discrezionalità basata solo sulla valutazione delle prove concorsuali”. Nonostante i continui richiami, il Consiglio regionale ha scelto di andare avanti per la propria strada, senza apportare modifiche a quelle che fin da subito erano apparse come evidenti anomalie. Le due prove scritte sono state svolte nelle settimane passate, secondo criteri che appaiono, anche in questo caso “discutibili”. Il sorteggio delle tracce nel corso della seconda prova sarebbe stato effettuato tra buste contenenti tracce tutte attinenti all’area gestionale. Con un diretto vantaggio per chi proviene dall’area in questione. Per assurdo qualcuno si sarebbe trovato a sostenere come esame pratico la redazione di un atto amministrativo di recente svolto dall’area di provenienza. Sta di fatto che (altra anomalia segnalata), risultati alla mano, sui 70 candidati che hanno sostenute le prove, le prime due classificate hanno una laurea in filosofia e sociologia, anche se – come si legge nel bando – la prima prova scritta prevedeva lo svolgimento di un elaborato riguardante il diritto amministrativo, costituzionale, regionale, civile, del lavoro e del pubblico impiego. C’è poi l’altra coincidenza che si segnalava sopra: ben cinque sugli otto ammessi all’orale provengono dagli stessi uffici della Regione. Senza mettere in dubbio le professionalità delle persone in questione, si tratta comunque di strane coincidenze che vanno ad alimentare i già tanti dubbi che da subito avevano accompagnato il bando. Tante perplessità, un solo dato di fatto: anche questa volta, i finalisti non sono illustri sconosciuti.
Mariateresa Labanca
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