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Il Consiglio Superiore della Magistratura ha voluto sentire anche il Procuratore della Direzione Nazionale Antimafia, Piero Grasso nel corso dell’istruttoria del procedimento disciplinare a carico di Alberto Cisterna, magistrato reggino e numero due della stessa Dna. Grasso ha riferito alla Prima commissione dell’organo di autogoverno delle toghe italiane, in merito alle relazioni che Cisterna avrebbe fornito al vertice dell’Ufficio. Il magistrato reggino è accusato dalla Dda di Reggio Calabria di corruzione in atti giudiziari. Un capo d’imputazione messo assieme dopo le dichiarazioni del pentito Nino Lo Giudice, il quale ha riferito dei rapporti tra il Procuratore aggiunto della Dna e sua fratello Luciano. Rapporti fatti da una serie di incontri, da lettere e telefonate. Fatti che Cisterna non ha mai negato, affermando che si trattava di “legami” con una fonte confidenziale utile ad alcune indagini. Di cui, tra l’altro, la Procura nazionale era stata tempestivamente informata, con una serie di relazioni e note informative. Ed è in questo senso che la Commissione ha voluto sentire Grasso, molto probabilmente per verificare se quanto affermato da Cisterna il 17 novembre scorso, corrisponde al vero. Data in cui depositò una “corposa” memoria difensiva.
A Cisterna non furono rivolte domande particolari anche perché – fecero notare fonti del Csm – il numero due della procura nazionale antimafia «era già stato sentito in sede di procedimento penale». L’indagine a carico di Cisterna nasce dalle dichiarazioni di Lo Giudice, a margine di un procedimento nel quale si è autoaccusato degli attentati del 2010 alla procura generale di Reggio Calabria, al Procuratore generale Salvatore Di Landro e al Procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone.
Lo Giudice aveva sostenuto che il magistrato avrebbe avuto un regalo, probabilmente dei soldi, per far uscire dal carcere suo fratello Maurizio, anch’egli collaboratore di giustizia. E che questo glielo avrebbe riferito il fratello, Luciano, condannato per usura, estorsione e altri reati. Proprio con Luciano Cisterna avrebbe avuto una settantina di contatti telefonici tra il 2005 e il 2007. «Un rapporto cominciato – ha spiegato il magistrato davanti ai pm di Reggio – per ottenere informazioni utili alla cattura del boss della ‘ndrangheta Pasquale Condello e dietro il quale non ci sarebbe nulla di illecito».
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