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di MIMMO TALARICO
La luna di miele tra Scopelliti e i calabresi è finita. Ne sono convinti, ormai, anche gli adulatori del premier nostrano. Man mano che la rendita (il fallimento del centrosinistra) lasciatagli in eredità dal governo Loiero si esaurisce, il neopresidente non riesce a compensarla con fatti destinati a lasciare il segno. Anzi il suo punto di forza, il presupposto della sua candidatura, il modello Reggio, si è rivelato agli occhi dei calabresi e del Paese un misero modellino, abitato, nella più benevola e garantista delle ipotesi, da amministratori incompetenti e superficiali. Alla magistratura il sereno compito di appurare se solo di questo si è trattato. A noi che frequentiamo per mandato del popolo il consiglio regionale, il compito e il dovere di spiegare le ragioni del prematuro declino del nostro. Sono tante le questioni salienti, la sanità prima di tutto. A nessuno sfugge che la situazione disastrosa della sanità calabrese ha origini lontane, che la politica ne ha occupato tutti gli spazi e che il livello della corruttela e del clientelismo non ha eguali in altri meno delicati settori. Nessuna nostalgia, dunque, nemmeno per il recente passato che piace molto a qualcuno del Pd. Siamo d’accordo che occorre riformare, risparmiare, razionalizzare e in alcuni casi anche tagliare. Il guaio è che Scopelliti lo ha fatto alla cieca: in montagna come in città, in periferia come al centro; ha sbagliato i conti per i posti letto; ha declassato i presidi, ma non ha promosso il territorio. E continua a non rispondere alla domanda di salute di quei cittadini che abitano ad un’ora di macchina dal più vicino ospedale. Il presidente parla, ma non dice. In consiglio regionale se la prende con i giornalisti cattivi e con quelli che hanno governato prima di lui. L’alibi, però, non regge più. Non è colpa di quelli di prima se il governo amico (Berlusconi) a Gioia Tauro ha preferito altri porti italiani; se in Calabria viaggiano meno treni di lunga percorrenza e scompaiono quelli di notte; se del piano cosiddetto per il Sud arrivano solo le briciole; se i fondi Fas sono finiti altrove; se la nostra regione non ha in nessuna occasione rappresentato motivo di attenzione per l’ex presidente ed i suoi ministri. Speriamo, ora, nella benevolenza di Monti. Il confuso e intricato dibattito su fondi comunitari, non lascia ben sperare. La frequenza epistolare con Bruxelles neanche. Nel frattempo uno spoil sistem selvaggio e vendicativo ha tolto di mezzo apprezzati e capaci funzionari; il causo dell’Audit è il più eclatante. Al loro posto, arriveranno, scommettiamo, militanti del modello Reggio in versione europea. D’altronde anche nella nomina dei dirigenti (più di quelli previsti in pianta organica), la provenienza territoriale è un pre-requisito. Di recente tutta la provincia reggina, per drenare risorse destinate alle minoranze albanesi di altre province è diventata grecanica, falsificando la storia, l’etnografia e i codici linguistici. La Calabria avrebbe, invece, bisogno di coesione, prima di tutto territoriale, bandendo ogni forma di localismo primitivo che tanti danni ha fatto alla regione. Nel frattempo non si taglia laddove occorre tagliare. Eppure non sono stati pochi i calabresi che hanno creduto al riformismo del presidente. A distanza di 18 mesi, pochi per esprimere un giudizio compiuto, sufficienti per individuare una tendenza, possiamo affermare che nessuna riforma è stata attuata. Si pensi all’Afor, all’Arsa, alle Comunità montane, ai consorzi di bonifica, alle varie Fiere, alle fondazioni clientelari e per ultimo alla super indebitata Fondazione Campanella, trasformata in pochi secondi di consiglio Regionale in soggetto pubblico per salvare il carrozzone e tutti i suoi debiti. Il momento non è dei migliori. Tutti, sodali e avversari della giunta, ne sono consapevoli. L’Europa e l’Italia richiedono sacrifici. Ma ci chiediamo come sia compatibile una politica di rigore con la nascita di nuove società in house per gestire risorse e reclutare personale in barba alla concorrenza e al merito? E’ vero che attraverso la giunta e il Consiglio non si entra in Regione con la frequenza di qualche anno fa, ma è pur vero che oggi per mezzo delle società in House (Field, Calabria Lavoro, Fincalabra . ) si selezionano gli amici e i progetti da finanziare con fondi europei, sfuggendo appunto alla concorrenza e alla pubblicità. Chi si aspettava trasparenza, si è imbattuto in procedure opache e frettolose come quella attraverso la quale sono state assegnate le borse lavoro: 23 milioni di euro in pochi secondi. Ce n’è abbastanza per censurare il governo di centrodestra, ma anche per richiamare il centrosinistra alle proprie responsabilità; per rompere con il passato, fugare ogni sospetto di inciucio e sfidare il centrodestra sulle grandi riforme, per modernizzare la regione. Fuori dal Consiglio c’è ancora una Calabria in attesa. Non per molto.

*consigliere regionale Idv

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