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Operazione di polizia giudiziaria questa mattina contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Abruzzo, che ha portato all’esecuzione di quattro ordini di custodia cautelare in carcere, nei confronti di altrettanti personaggi legati al mondo dell’imprenditoria aquilana, e che avrebbero contribuito al rafforzamento della cosca mafiosa ‘Caridi-Zincato-Borghetto’ inserita nella più ampia ‘Locale’ dei ‘Librì, radicata nel territorio di Reggio Calabria.
L’operazione è stata denominata ‘Lypas’, dal nome da una delle ditte edili riconducibili all’organizzazione criminale, ha visto impegnati i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria – Gico – della Guardia di Finanza dell’Aquila e i poliziotti della Sezione Criminalità organizzata della Mobile della Questura sempre del capoluogo abruzzese.
I provvedimenti cautelari, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di L’Aquila, sono stati emessi dal G.I.P. Marco Billi. Agli arrestati (B.S. trentaquattrenne di L’Aquila; V.A. di 45 anni ; V.M. di 38 anni e I.F. di 58 anni , tutti di Reggio Calabria) viene contestato il reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso.
Le indagini coordinate dal Procuratore della Repubblica Alfredo Rossigni e dal sostituto procuratore Fabio Picuti, sono durate circa due anni e hanno evidenziato il forte interessamento degli esponenti della cosca reggina ai lavori di ricostruzione degli immobili da parte dei privati, nel cui ambito non è prevista alcuna procedura a evidenza pubblica nè alcuna certificazione antimafia per l’impresa individuata per l’esecuzione dei lavori.
Le indagini sono nate all’esito di preliminari iniziative programmate dalla Questura per monitorare e respingere le eventuali azioni di condizionamento e ‘infiltrazione’ nei lavori di ricostruzione edilizia post sisma da parte di componenti della criminalità organizzata.
Le investigazioni della Mobile si sono avvalse di intercettazione di numerosissime utenze cellulari nonchè mediante l’ascolto di ore e ore di conversazioni ambientali e mediante riservati servizi di osservazione che hanno documentato fotograficamente le fasi preliminari di un incontro avvenuto nel maggio 2010 in un albergo di L’Aquila tra gli arrestati e componenti della cosca reggina. L’indagine ha permesso di definire le concrete modalità operative attraverso cui la cosca ‘ndranghetista reggina ha tentato di penetrare il territorio aquilano. Il quadro indiziario via via delineatosi è stato poi corroborato dalle risultanze investigative ottenute dalla Mobile della Questura di Reggio Calabria che, nello sviluppo di proprie iniziative avviate in loco, ha successivamente dato esecuzione all’operazione di polizia giudiziaria ‘Alta Tensionè. Le successive investigazioni economico-finanziarie del Gico della Guardia di Finanza di L’Aquila, mediante accertamenti bancari, indagini patrimoniali e riscontri documentali, hanno integrato e ampliato gli esiti delle indagini tecniche, in modo da conferire ulteriore valore probante a quanto appurato a seguito delle operazioni di ascolto. In particolare è emerso che Santo Giovanni Caridi, referente della cosca ‘ndranghetista reggina, arrestato nell’ambito di ‘Alta tensione’, si è inserito nei lavori di ricostruzione degli immobili privati per il tramite di B.S., imprenditore aquilano già presente nell’ambito del post-terremoto, e grazie alla mediazione di V.A., V.M. e I.F.. I quattro, all’epoca attivi sul territorio aquilano, hanno sostanzialmente fornito concreto supporto logistico alla penetrazione economica della cosca, intermediando per l’acquisto di quota parte del capitale sociale di una società interessata ai lavori, utilizzando le maestranze indicate dagli affiliati del sodalizio calabrese, usufruendo di imprese riconducibili alla cosca reggina. Le attività di riscontro e monitoraggio, eseguite dal Gico dell’Aquila in collaborazione col Servizio centrale Investigazione Criminalità irganizzata della Gdf di Roma hanno riguardato 31 persone fisiche e 10 giuridiche. Fiamme Gialle e Polizia, parallelamente all’esecuzione delle misure cautelari personali, hanno sottoposto a sequestro (ex art.12 sexies D.L. 306/92) la consistenza patrimoniale costituita da quote sociali di 4 società, 8 automezzi, 5 immobili, 25 rapporti bancari, riconducibili agli indagati e dalle attività commerciali a loro facenti capo, per un valore complessivo di oltre un milione di euro.

LA PROCURA AQUILANA AVEVA GIA’ LANCIATO L’ALLARME INFILTRAZIONI
Prima dell’operazione odierna, nell’ambito della ricostruzione privata, più volte la magistratura aquilana aveva lanciato allarmi e denunciato il far west, la carenza di controlli e la guerra tra aziende in atto intorno a queste milionarie commesse. L’inchiesta attuale era stata avviata diversi mesi fa dal procuratore distrettuale antimafia, Alfredo Rossigni, e dal sostituto Fabio Picuti, i quali hanno chiesto e ottenuto dal Gip Marco Billi gli ordini di custodia cautelare.
Altre inchieste – ancora in corso – erano state avviate subito dopo il terremoto per alzare il livello di attenzione sulla infiltrazioni mafiose nel cantiere più grande d’Europa. In particolare, anche in seguito ai rilievi sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta emersi all’Aquila, c’è stata anche l’operazione «Alta Tensione» della Procura di Reggio Calabria che ha portato all’arresto di numerose persone, tra cui il boss Santo Giovanni Caridi, sul conto del quale tra l’altro sono emersi collegamenti con società aquilane impegnate nella ricostruzione.
Riguardo alla vicenda odierna, è emerso che il commercialista del boss aveva acquistato il 50% della società di costruzioni «Tesi srl», di proprietà di uno dei quattro arrestati, Stefano Biasini. Secondo quanto si è appreso, Caridi si sarebbe inserito nella ricostruzione attraverso Stefano Biasini, con la mediazione degli altre tre arrestati. L’operazione «Lypas» è stata caratterizzata da investigazioni della Squadra Mobile attraverso intercettazioni di numerosissime utenze cellulari e con l’ascolto di molte ore di conversazioni ambientali: la polizia ha documentato fotograficamente le fasi preliminari di un incontro avvenuto nel maggio 2010 in un albergo dell’Aquila tra gli arrestati e componenti della cosca reggina.
Le investigazioni economico-finanziarie del Gico della Guardia di Finanza dell’Aquila, attraverso accertamenti bancari, indagini patrimoniali e riscontri documentali, hanno integrato e ampliato gli esiti delle indagini tecniche consolidando il quadro accusatorio.

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