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Sarebbe di 180mila dollari cifra che un uomo, qualificatosi come uno dei rapitori dell’operatore italiano di Emergency, Francesco Azzarà, avrebbe chiesto all’ambasciata italiana di Khartoum in cambio del rilascio del volontario, le cui condizioni starebbero peggiorando. La notizia arriva dal quotidiano sudanese “Al Sudani” ma per ora non ha trovato alcuna conferma ufficiale.
Fonti della rappresentanza diplomatica italiana in Sudan, interpellate dalla stampa, si sono rifiutate di fornire indicazioni sulla vicenda mentre qualche ora dopo è giunta la smentita di Emergency. Secondo l’Ong italiana, «le autorità sudanesi impegnate per la sua liberazione hanno confermato ripetutamente nei giorni passati che Francesco sta bene e che si aspettano la sua liberazione in tempi molto brevi».
Diversa la versione fornita da “Al Sudani”. Il sedicente rapitore avrebbe precisato direttamente al quotidiano l’entità del riscatto – 500mila lire sudanesi ovvero 180mila dollari – sottolineando che non verrebbero accettati interventi del governo sudanese, ma solo «contatti con l’Ambasciata d’Italia». L’uomo ha invece fornito indicazioni varie sul luogo in cui è tenuto l’ostaggio, in un’area nordoccidentale del Darfur del nord.
La notizia ha suscitato molta apprensione ieri ieri a Motta San Giovanni, ma i familiari, mantenendo la consegna del silenzio che si sono dati nelle ultime settimane, non hanno voluto fare commenti, limitandosi solo a ribadire che il loro punto di riferimento in questo momento è proprio Emergency.
Intanto, ieri, Paola Bianchi, presidente nazionale dell’Unicef, in un’intervista su Video Calabria aveva riferimento al giovane calabrese rapito. «Francesco Azzarà – ha detto – è un amico che soffre. Noi speriamo fortemente nel suo ritorno in Italia. Rivolgo a Francesco un pensiero di vicinanza e di solidarietà. La condizione in cui si trova Francesco Azzarà, questo nostro amico, un nostro conterraneo che vive in questo momento non sappiamo dove, ci riempie di preoccupazione e dolore. Per questo speriamo di averlo presto tra noi. Certo sappiamo anche il rischio che si corre quando si è nei Paesi cosiddetti difficili, dove è sempre sotteso il problema della serenità civile, per via di guerre e di conflitti. Qui il rischio è sempre quello dell’incolumità della persona». «Noi speriamo veramente – ha concluso il presidente dell’Unicef – che Francesco possa essere di ritorno in Italia, in Calabria, a breve. L’auspicio è che questo avvenga molto presto».
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