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POTENZA – Questa volta nel mirino ci sarebbero i vertici di Acquedotto lucano spa, la multiutility al cento per cento di proprietà della Regione Basilicata, nata sull’onda delle grandi privatizzazioni, ma rimasta da sempre nell’orbita dei palazzi del potere di via Anzio. Sono una quarantina le persone informate sui fatti convocate negli scorsi giorni dagli uffici della Procura della Repubblica di Potenza. Gli inquirenti vorrebbero vederci chiaro su assunzioni, stabilizzazioni e avanzamenti di carriera, e già si annuncia una nuova maxi-inchiesta sulla pubblica amministrazione. Il punto è proprio in queste due parole: pubblica amministrazione. Benchè la forma esterna di una società per azioni tenda a sviare l’attenzione. Dei criteri adoperati per assunzioni, stabilizzazioni eccetera, come per l’affidamento di lavori, gestioni piccole e grandi, si discute da tempo. Al Quotidiano non era sfuggita una sentenza del Tar che ad aprile ha affermato un principio dirompente per il destino di tutti gli atti compiuti negli scorsi tre anni. Un aspirante al posto di geologo bandito da Acquedotto lamentava di essere stato superato da un candidato che non aveva nemmeno presentato domanda, mentre un altro gli sarebbe stato preferito soltanto per anzianità di iscrizione all’albo, a prescindere dal lavoro effettivamente svolto. I giudici amministrativi gli avrebbero dato ragione stigmatizzando il comportamento della società, non solo al cento per cento pubblica quanto al capitale, ma anche al cento per cento impegnata nella gestione di pubblici servizi. Quando “pubblico” si ripete troppe volte, per farla breve, non si può far finta di nulla e cercare di aggirare le regole di «trasparenza, imparzialità, e – ovviamente – pubblicità» che in casi come questo porterebbero a scelte completamente diverse. Se le cose fossero state fatte a dovere l’aspirante che ha proposto il ricorso sarebbe stato assunto perchè era il migliore, invece è stato superato da altre due persone. Se poi si guarda ai nomi dei tanti che si sono insediati negli uffici di via Grippo, con ruoli tecnici e amministrativi, si fa presto a scoprire una trama di relazioni che arriva dritta ai vertici politici della Regione. Così il sospetto di un sistema di raccomandazioni prende consistenza. Anche gli inquirenti vogliono vederci chiaro. C’è addirittura una data indicativa di partenza: il 6 agosto del 2008, quando è entrato in vigore l’allegato alla finanziaria dell’anno successivo che ha recepito una sentenza della Corte costituzionale di due anni prima. A Roma si erano accorti che qualcosa era andato storto con le privatizzazioni dei servizi pubblici. Così nel caso che le società incaricate fossero al cento per cento pubbliche a loro volta, hanno stabilito che dovessero applicare gli stessi criteri di una pubblica amministrazione.

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