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di BATTISTA SANGINETO
Ieri mattina ci siamo svegliati più poveri e più depressi, anche se lo spread calava e le borse erano in rialzo. Il governo dei banchieri, dei tecno-burocrati, dei “nerds” e dei Gekko film Wall Street) impostoci dalle “élites” economico-finanziarie internazionali ha, dopo il colpo di Stato di qualche giorno fa, illustrato il suo “Pronunciamento” economico-sociale che si può compendiare in: nessuna patrimoniale, bensì macelleria sociale e ulteriore spinta al turbo-capitalismo e alle disuguaglianze. Ad ora di cena abbiamo visto sedere dietro il banco del governo i pallidi, sobri e autorevoli rappresentanti di quella finanza che si è rivelata essere perlomeno fallimentare. Quei piazzisti del “mercato libero” che già Marx (nel Capitale, III, p. 520) aveva definito: “Una nuova forma di parassiti nella forma di escogitatori di progetti, di fondatori e di direttori che sono tali solo di nome; tutto un sistema di frodi e di imbrogli che ha per oggetto la fondazione di società, l’emissione e il commercio di azioni”. In un italiano malcerto, ingaglioffito da anglicismi tecnocratici e aziendalistici, ci hanno annunciato il Verbo: apertura alla concorrenza e al mercato. La solita, desueta, stantia fuffa del liberismo che, grazie soprattutto ai governi di centrosinistra, ha permesso la riduzione del peso dello Stato e la trasformazione degli italiani da “citoyennes” a “homini consumentes”. Gli ispirati cantori del “pensiero unico” dei tre maggiori giornali italiani e della classe dirigente del Pd hanno voluto, in questi ultimi due decenni, pervicacemente persuaderci che l’ “economia di mercato” è il migliore dei mondi possibili in cui la “libera concorrenza”, se pienamente attuata, determina l’equilibrio fra la domanda e l’offerta dei beni e la piena occupazione della forza-lavoro. Il risultato è che questo tipo di capitalismo ha plasmato un mondo nel quale non esiste alcuna necessaria corrispondenza fra la produzione e l’ammontare dei bisogni della società che dovrebbe soddisfare, perché, nel sistema capitalistico, sono “produttive” solo le risorse utilizzabili per soddisfare il fine del profitto. Il risultato è che il Pd e molta della sinistra italiana si sono rintanati, inani e incapaci di trovare una via d’uscita dalla crisi diversa dal liberismo, dietro le spalle dei poteri forti che, ora, faranno il lavoro sporco. La sinistra, in primo luogo il Pd, è stata finora incapace di rielaborare, in termini di proposta positiva, la disfatta del socialismo reale perché, da una parte, i sedicenti riformisti si sono incamminati verso l’accettazione acritica del libero mercato che, a parer loro, avrebbe realizzato, “motu proprio”, un capitalismo equo, nascondendo di fatto la natura intrinsecamente conflittuale, antagonistica del capitale. Dall’altra la sinistra radicale, invece, continua a pagare lo scotto di aver pensato, fino a poco tempo fa, che le questioni più rilevanti fossero quelle relative all’affermazione dei diritti civili, anche quelli meno urgenti. La rovinosa sconfitta sociale ed economica, prima, e elettorale, ora, dello zapaterismo, cui tanta parte della sinistra radicale s’era ispirata, è la prova più evidente degli errori perseguiti. Bisogna trovare il coraggio di affermare che il buon vecchio Marx aveva ragione nel dire che la natura conflittuale del capitalismo può essere eventualmente temperata, regolata -come è accaduto, poi, per quasi i sessanta anni del keynesismo e della socialdemocrazia-, ma non può esser soppressa, perché gli “animal spirits” capitalistici riprendono ad azzannare appena si concede loro la possibilità di far riaffiorare, in assenza di regolamentazioni, la propria natura ontologica di creatori di disuguaglianze economiche e di conflitto sociale. Il capitalismo, come diceva lo scienziato sociale di Treviri (Capitale, III), non è affatto un frutto naturale della storia, bensì il prodotto storico di violenti antagonismi sociali e politici, di lotte e di guerre avvenuti nel corso di cinque secoli e combattuti sotto la sola bandiera del massimo profitto. Per tornare alle cose di casa nostra, occorreva fare un colpo di Stato per reintrodurre l’Ici e la rivalutazione degli estimi catastali, l’aumento dell’Irpef non per i redditi più alti, ma per tutti, per mezzo dell’addizionale regionale pro-sanità, l’aumento dell’età pensionabile di tutti e la prossima, certa, manipolazione dei diritti dei lavoratori, la de-indicizzazione delle pensioni mentre per i ricchi sono stati previsti solo ridicoli ammennicoli di tasse per jet, barche e auto di lusso? E l’evasione fiscale? E il Mezzogiorno? C’era tanto, urgente bisogno di una così qualificata accolta di professori e di banchieri per partorire queste mirabolanti e inarrivabili misure “salva-Italia”? Certo, il professor Monti dice di aver tagliato i costi della politica e per primi i suoi, ma evidentemente può permettersi di rinunciare allo stipendio di presidente del Consiglio, fatto salvo beninteso quello di senatore a vita, perché è “international advisor” della Goldman Sachs, presidente della Bocconi e consigliere d’amministrazione della Coca Cola. Ne dobbiamo inferire che solo i ricchi, come Monti e Passera, possono permettersi di fare politica e ricoprire cariche pubbliche? Il calabrese Catricalà è stato, a detta di Monti, l’ispiratore, insieme a Bersani, delle salvifiche liberalizzazioni, proprio quello stesso ex “Garante della concorrenza e del mercato” che, invece, non ha garantito proprio nulla, come gli spettava per dovere istituzionale, a proposito delle posizioni dominanti di Mediaset, dei cartelli delle assicurazioni e dei petrolieri, contro le concentrazioni abnormi (take-over) delle banche e i conflitti di interesse dei componenti dei governi. Se, infine, fossi una donna, mi avrebbe enormemente irritato vedere il ministro Fornero mostrare, “urbi et orbi”, segni di quella debolezza, peraltro pelosa, che vengono attribuiti di solito alle donne, proprio lei che si era appena lamentata dell’assenza di donne in una delle delegazioni. A questo punto diventa decisiva la capacità di reazione dell’opposizione politica, sociale e culturale di questo paese che deve sconfiggere l’ideologia liberista sottesa a questo governo, a questa manovra salva-profitti. I partiti, i sindacati, i movimenti e quella parte, soprattutto di popolo, del Pd che ancora si riconoscono nei principi fondanti della sinistra devono elaborare un’alternativa di sistema che possa essere trasformata in proposta politica immediatamente spendibile. Bisogna, per esempio che i trattati internazionali, da quello di Maastricht al WTO, siano modificati a vantaggio dei cittadini e dei lavoratori e non delle multinazionali; bisogna che i problemi del debito pubblico, in Europa e negli Usa, siano risolti con l’innalzamento delle tasse alle frontiere sulle merci provenienti dai paesi a bassi salari verso i paesi ad alti salari, di modo che non deprimano la crescita delle economie occidentali; bisogna smetterla con le manovre perché nessuna di esse fermerà la speculazione finanziaria sull’Italia e sull’Euro che cesserà, invece, solo quando la Bce diventerà prestatore di ultima istanza.
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