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di PARIDE LEPORACE
LEGGENDO in treno il libro “Monsignore Giuseppe Vairo. Il sequestrato di Dio” ho attirato la curiosità di una professoressa materana, a cui, con piacere divulgativo, ho spiegato testo e contesto della biografia. Non ho dovuto far gran fatica a far comprendere chi era invece l’autore, non solo per il fatto che Edmondo Soave è volto del Tgr Basilicata, ma soprattutto perchè è giornalista (il celebre giornalista-giornalista alla Siani) che si lascia ricordare per quello che sostiene. Il libro, pubblicato dalle edizioni Osanna, che sarà presentato domenica prossima al teatro Stabile di Potenza con l’intervento di monsignor Superbo, non è una pubblicazione di routine. Merita lettura e confronto perché spiega molto della Basilicata, del Mezzogiorno e della sua Chiesa. Innanzitutto il lavoro è presentato da un vaticanista di chiara fama e che risponde al nome di Giancarlo Zizola. Anzi la prefazione del libro di Soave è l’ultimo contributo pubblico del giornalista scomparso a Monaco di Baviera mentre partecipava ad un incontro. E Zizola testimonia che l’opera di Edmondo Soave è di ampio respiro storico. Io mi permetto di chiosare che giornalismo e storia s’incontrano molto bene nel recuperare la figura di un vescovo che merita una riscoperta, per il ruolo che ebbe in diverse diocesi della Basilicata e per il contributo personale che diede a quel grande avvenimento che si è rubricato come Concilio Vaticano secondo. Soave, oltre ad essere il giornalista bravo che entra in Rai e che certifica un famoso paradigma di Enzo Biagi, mi pare di capire che ha sfiorato il sacerdozio. Egli schiera laurea laica alla Sapienza e baccellierato alla Gregoriana, con due titoli per la filosofia. La cultura socialista è stata sua fonte e fermento vivo politico, unita ad una religiosità dinamica e progressiva. Il giornalista Soave ha conosciuto monsignor Vairo. Alla fine del volume una bella intervista, realizzata in un ospizio per anziani a Muro Lucano, testimonia lo scavo e il pedinamento nel tempo che è stato compiuto per scrivere la biografia. Soave ha inseguito una sua passione in questo libro. La passione del cronista che ha una fascinazione per il vescovo, ma che ha il merito di mai saltare le contraddizioni che ogni uomo affronta. Le fonti scritte e testimoniali sono innumerevoli e accompagnano anche una rilettura degli scritti del religioso, filtrati attraverso la modernità degli avvenimenti. Sono buon testimone della qualità del lavoro. Giuseppe Vairo è calabrese, originario di quella Paola, patria di San Francesco e che molto condizionerà il pensiero di un vescovo che della povertà farà il modello di vita. Vairo si forma nella mia città, Cosenza, discepolo di monsignor Calcara. E ho apprezzato molto la qualità della biografia, ben comprendendo in questa come Vairo sia stato determinante per l’elezione di un giovanissimo Riccardo Misasi, eletto a soli 26 anni deputato, il più giovane parlamentare della Prima repubblica. E non fatevi confondere dai luoghi comuni successivi, perché questi fatti, all’epoca erano molto rivoluzionari perché fomentati da giovani «comunistelli di sacrestia». La biografia di monsignor Vauro è utile per comprendere come la Chiesa cambiò il suo cammino negli anni Sessanta modificando liturgie e orizzonti, ed è anche rivelatrice sulla rottura con la Basilicata bianca e collaterale al potere colombiano, scegliendo invece, per usare le parole dell’autore, «una religiosità tradizionale, intimistica, per valorizzarne, invece, la dimensione comunitaria». Per gioco della Provvidenza, Vairo è stato vescovo di quasi tutte le diocesi di Basilicata, vivendo episodi e fatti cruciali di una regione che ha costruito la sua identità geografica e culturale in quegli anni. L’autore ci mostra con pluralità di posizione fatti tumultuosi come quelli della comunità di base di Lavello, dove il contrasto con il leader della contestazione, don Marco Bisceglia, non viene risolto con l’imperio dogmatico, ma con un confronto serrato e netto nella diversità delle concezioni di due religiosi, che da diverse sponde ricercavano forse le stesse verità. Ma Vairo è anche il vescovo del terremoto del 1980. Il pastore che deve dare risposte ai fedeli sul Dio biblico punitivo della tragedia di Balvano e che sulle macerie costruirà una teologia che non vuole far fermare Cristo ad Eboli, un contesto in cui il Vangelo sostiene la speranza di una nuova storia, l’Eucaristia è sacramento sociale, ma la denuncia su spreco e ladrocinio non verranno mai meno dall’autorevole pulpito. Attraverso Vairo, Soave ha il merito di farci comprendere, come una regione povera, geograficamente chiusa, dominata da una religiosità quasi temporale, si sia trasformata per come oggi la conosciamo nella contemporanea modernità, anche per merito della Chiesa. Emerge anche la biografia di un intellettuale molto attrezzato, grande studioso e che al Concilio, vivendo anche a stretto contatto con i vescovi tedeschi e francesi sarà protagonista di grandi intuizioni teologiche, come quella di proporre il pensiero e l’opera di San Cipriano. Rubo le parole all’autorevole Zizola per ricordare che «dobbiamo essere grati ad Edmondo Soave per averci fatto il dono di restituire alla nostra memoria e alla nostra coscienza di cristiani questa figura di vescovo cattolico dai tratti profetici». Una buona occasione per i giovani anche di conoscere il loro recente passato. Una biografia utile alla Chiesa e allo società per riaprire il dibattito pubblico di argomenti cruciali. Ancor di più utile a quella politica che del bene pubblico fa spesso saccheggio, ma temo, forse in compagnia del bravo autore Soave, che difficilmente quel tipo di casta saprà trarre lezioni da un «sequestrato di Dio» come monsignor Vauro.
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