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Urlano il suo nome, quello della Boccassini, mentre i tamburi scandiscono il tempo della rabbia dei manifestanti che inneggiano alla toga milanese che ha fatto arrestare i signori con giacca e cravatta. Tamburi, striscioni e magafoni, e il popolo calabrese dedica slogan e cartelli al governo regionale: «Forza Boccasini, dacci una mano per la nostra dignità».
E poi qualche tocco di sarcasmo: per Franco Morelli, il politico regionale chiamato a rappresentare i cittadini in Regione, e Vincenzo Giglio, il magistrato che aveva giurato fedeltà allo Stato e chiedeva raccomandazioni per la moglie per un incarico nella sanità. Le accuse sono, invece, riservate alla giunta regionale. Dal Cosentino e dal Catanzarese fino alla sede del Consiglio regionale per chiedere la qualificazione degli ospedali di montagna. In un’altra zona di palazzo Campanella protestano i lavoratori precari. Il palazzo viene dunque circondato dalle proteste con tanto di poliziotti in tenuta antisommossa. All’interno i consiglieri regionali pronti a prendere parte alla seduta sulla sanità. Due eletti in meno, in neppure 21 mesi. Prima Santi Zappalà, mercoledì Franco Morelli.
A Milano intanto, gli interrogatori del consigliere Morelli e del magistrato Giglio che respingono le accuse e giustificano i contatti con gente dalla condotta di vita discutibile, ma non possono negarli. Intercettazioni telefoniche e ambientali infatti, parlano da sole. In Calabria invece, allo stesso orario partono i lavori consiliari mentre qualcuno fuori grida contro il lavoro della “zona grigia”: «Boccassini, Boccassini, arrestali tutti».

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