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La poltrona del consigliere regionale del Pdl Franco Morelli (in foto), arrestato nell’inchiesta “Astrea”, è vuota. Il politico cosentino, presidente della commissione bilancio, avrebbe dovuto presentare il documento economico finanziario regionale ma invece si trova in carcere. A Palazzo Campanella, è il secondo posto che resta vuoto in consiglio regionale, dopo l’arresto di Santi Zappalà. Nessuno però inveisce neanche l’opposizione e si decide di sostituire Morelli, nella sua qualità di presidente con il vice, Mirabelli. Bisogna andare avanti e in fretta perchè a fine anno c’è l’approvazione del bilancio che deve passare in commissione: da lunedì si riunirà in maniera permanente per arrivare all’esame del consiglio il 19 e il 20 dicembre. Maggioranza e opposizione dunque, scaricano il consigliere regionale, implicato nella vicenda giudiziaria.
E’ questa la sintesi del documento che, prima dei lavori, legge il presidente del consiglio regionale, Francesco Talarico: «La conferenza dei capigruppo mi ha delegato, ad esprimere le valutazioni della massima assemblea elettiva calabrese in merito ai provvedimenti giudiziari della procura della Repubblica di Milano che coinvolgono il consigliere regionale Francesco Morelli. Non si tratta di un atto dovuto – aggiunge – ma di una espressione che deriva da un comune sentire in questa aula e da una sensibilità che riconduce a comuni preoccupazioni ed alla esigenza di una vigilanza rigorosa e altissima».
Talarico continua: «Il nostro auspicio è che il consigliere Morelli possa chiarire la sua posizione». E questa è la frase di rito. Ma quello che Talarico tiene a ribadire è che i fatti che coinvolgono Morelli non sono legati alla sua attività di politico. Così Talarico difende l’istituzione e dice: «Vogliamo ribadire, dagli elementi che sono a nostra conoscenza, che i reati contestati, non sono relativi all’esercizio del mandato di consigliere regionale ed alla sua funzione di presidente della Commissione Bilancio, atti e comportamenti sono quindi da ricondurre a responsabilità personali senza alcun coinvolgimento dell’Istituzione che ho l’onore di presiedere».
Infine fa cenno a Milano e aggiunge: «Riponiamo grande fiducia nel lavoro della magistratura di Milano e nell’impegno quotidiano, costante, rigoroso e coraggioso della magistratura e delle forze dell’ordine della Calabria e nel loro lavoro di contrasto alla ‘ndrangheta ed a quell’area cosiddetta grigia, che si nutre di relazioni, collusioni e connivenze che ostacolano lo sviluppo economico e sociale della nostra regione e che sono da considerare tra le cause principali di quella debolezza civile che mette la Calabria ai margini della vita del Paese. In questo momento, abbiamo il dovere, tutti, maggioranza ed opposizione, di difendere, tutelare e distinguere, ruolo e funzioni della massima assemblea legislativa della regione da responsabilità soggettive dei singoli».
Il presidente dell’assise fa poi un elenco degli impegni presi proprio dal consiglio negli anni scorsi per la lotta contro la ‘ndrangheta, quasi a rispondere al procuratore Boccasini, che fa riferimento all’antimafia parlata, non concreta: «Ci siamo costituiti parte civile in tutti i processi di mafia, alla decadenza da incarichi di funzione nel caso di rinvio a giudizio e all’obbligo della certificazione antimafia anche per i collaboratori delle strutture consiliari e poi ancora altri provvedimenti che sono contenuti nel nostro codice etico». Poi conclude con un monito: «Noi in Consiglio regionale, dobbiamo continuare – con serenità, con senso alto del ruolo che siamo stati chiamati a svolgere in questa aula, e con un supplemento d’impegno, – in quel cammino tracciato insieme, di rispetto delle regole e di valorizzazione della cultura della legalità». In aulaanche Luigi Fedele capogruppo del Pdl e Alberto Sarra, sottosegretario, non indagati nell’inchiesta ma comparsi nelle intercettazioni.
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