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PISTICCI – “L’esito delle analisi chimico-fisiche eseguite da Arpab su campioni di acqua prelevati presso il fiume Basento, a monte e a valle dello stabilimento Mythen, nonché allo scarico industriale della medesima azienda, hanno permesso di accertare che gli agenti chimici che hanno determinato l’inquinamento riscontrato nel fiume Basento, a valle dello scarico Mythen, sono gli stessi contenuti nello scarico della stessa ditta”.
E’ la premessa che giustifica l’ordinanza (datata 23 novembre) del sindaco di Ferrandina, Saverio D’Amelio, a vietare “l’attingimento delle acque” del Basento, “sia per scopi irrigui, che per dissetare mandrie e greggi, o per qualunque altro scopo, per 1 Km a monte dello scarico della Mythen e tutto il tratto del fiume Basento a seguire nel territorio di Ferrandina fino al confine del Comune di Pisticci”, dove fra l’altro il dispositivo fa ideale staffetta con uno di egual portata emesso due mesi fa dal sindaco di Pisticci, Vito Di Trani.
Ma l’elemento di novità acquisito dal Comune di Ferrandina, indica con molta chiarezza le cause dell’inquinamento del fiume, con tanto di morìa di pesci, dello scorso 17 settembre. La notizia era stata diffusa in termini ufficiali dalla prefettura di Matera che, a quanto pare, aveva di recente acquisito la documentazione di indagine e, di conseguenza, ha provveduto ad avvisare il Comune, nel cui territorio sorge l’azienda attenzionata, del significato delle analisi dell’Arpab, le cui conclusioni sembrano chiarissime: ad inquinare il fiume sono stati gli stessi agenti chimici contenuti nello scarico della Mythen, un’azienda insediata in Valbasento, in territorio di Ferrandina, nel 2003 per produrre biodisel, olio di soia, glicerina pura e fosfato monopotassico e già attenzionata dal Corpo Forestale dello Stato.
«Mythen -si legge sul Quotidiano del 25 luglio 2006- ha avviato in sintonia con gli enti preposti (Arpab e Forestale) e le istituzioni (Comune e Regione) tutte le procedure necessarie per risolvere alcune criticità del processo produttivo, che pure ci sono». Ma le soluzioni, evidentemente, hanno lasciato a desiderare. Anche nel novembre 2009 il Corpo forestale intervenne in prossimità di uno scarico industriale di un opificio di Ferrandina, riscontrando valori inquinanti fuori norma, tanto che il direttore di produzione fu deferito all’autorità giudiziaria anche perché la sua ditta aveva già precedenti per reati analoghi. Ma in quel caso non venne fuori il nome dell’industria. Nel febbraio dello stesso anno, invece, l’Ufficio ambiente e territorio della provincia di Matera, come richiamato nell’ordinanza 115 del 23 novembre 2011 firmata da D’Amelio, con la determina numero 401 dispose una “diffida e sospensione allo scarico” della Mythen. «Se, ad esempio, leggo che il keroflux, utilizzato dalla Mythen, provoca gravissimi danni all’ambiente acquatico, non mi sento affatto tranquillo», è il commento del leader Radicale, Maurizio Bolognetti, che proprio alla Mythen dedica alcuni approfondimenti sul suo libro “La peste italiana. Il caso Basilicata”.
Attraverso l’informativa diffusa dalla Prefettura lo scorso 18 novembre, insomma, emerge una spiegazione molto chiara delle cause dell’ultimo episodio di inquinamento chimico nel fiume Basento. Sono gli elementi che il sindaco di Ferrandina attendeva per intervenire. «Ho voluto aspettare -spiega D’Amelio- le risultanze delle analisi per evitare di produrre documenti avventati sulla base dell’estemporaneità. Adesso ci sono le prove. Mi sembra un atteggiamento di serietà». Non che i pesci morti non rappresentino un riscontro empirico abbastanza efficace e serio per cautelarsi, come aveva scelto di fare il sindaco Di Trani, che l’ordinanza l’ha emessa dopo dieci giorni dalla moria. Alla fine, comunque, seppur da percorsi differenti il risultato è uguale. Due Comuni che condividono il tragitto del Basento decidono che è meglio non prelevare l’acqua di un fiume che sa di chimica.
Di quella chimica contenuta nello scarico industriale della Mythen: «Ho sollecitato l’azienda -aggiunge D’Amelio- ad attivarsi per verificare i suoi impianti ed a procedere in modo che le acque di scarico sia convogliate nel fiume con tutti gli accorgimenti necessari. Li ho invitati ad attenersi con rigore a tutte le prescrizioni del caso». A far cadere l’utilizzo estensivo, e forse anche inopportuno per alcuni versi, del segreto istruttorio su questa vicenda, ha provveduto la Prefettura di Matera. Adesso, tuttavia, non c’è più ragione di far sussistere le restrizioni relative all’accesso delle analisi dell’Arpab. Il Comune di Pisticci, ad esempio, non le ha ricevute. Sarebbe opportuno, invece, conoscerle nei dettagli, per comprendere, oltre all’origine dell’inquinamento, anche la sua connotazione chimica.

Roberto D’Alessandro

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