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POTENZA – «Quando ho iniziato il mio tirocinio mi sono sentito attratto. poi facevo delle fantasie. li immaginavo nudi, io che toccavo. bambini intorno ai 10 anni, senza violenza. mi dicevo che era una cosa passeggera.» Aveva 22 anni all’epoca Pietro Materi (in foto). Il suo percorso ieri mattina è stato al centro dell’udienza che si è svolta a Potenza, dove è accusato di abusi sessuali su due bimbini disabili che gli avevano affidato come insegnante di sostegno in due diversi istituti elementari di Matera e di Tricarico. Materi è in carcere da giugno del 2010, e rischia una condanna molto pesante, ma i suoi legali sostengono la tesi dell’incapacità di intendere e volere, così l’udienza di ieri si è trasformata in un vero e proprio scontro di perizie.
«Non poteva controllarsi, non era in grado di resistere all’impulso di connettersi in rete, scaricare e condividere materiale proibito con i suoi unici amici, pedofili come lui». Questo in estrema sintesi il senso della sua difesa che ha rimesso in discussione il lavoro dei consulenti nominati dal Tribunale. Secondo il professor Luigi Morcaldi e il dottor Renato Maffione, Materi è stato sempre consapevole delle sue azioni. Lo hanno ribadito anche i periti nominati dalla famiglia di una delle vittime, il professor Vincenzo Mastronardi e il dottor Michele Di Nunzio, che hanno evidenziato i passaggi più importanti delle confessioni dello stesso Materi.
Il primo accesso in rete a caccia di materiale proibito sarebbe stato nel 2006. «Sollecitato da notizie giornalistiche» per circa due tre mesi Materi avrebbe navigato tra i siti e scaricato filmati, «una trentina, ad uso personale si potrebbe dire, finalizzati a raggiungere l’eccitamento e l’orgasmo, dedicando un tempo limitato a questa attività che prevede anche lo scambio di materiale con gli altri utenti».
Poi sarebbe entrata in scena una figura determinante, l’amico con la stessa perversione un malese, ma soprattutto «una figura di spicco non solo in quanto “aveva più materiale nuovo da offrire”, ma anche perchè in grado di fornire materiale “raro” da lui stesso prodotto in virtù del fatto che abita in una pensione che ospita bambini». L’impatto psicologico du Materi è devastante. Il «malese» diventa «un modello a cui conformarsi e da cui sentirsi accettato». Il maestrino di Tricarico «viene invitato a produrre anche lui del “materiale” perché diventerebbe oggetto di scambio con materiale altrettanto “raro”. In qualche misura entrerebbe a far parte di una cerchia ristretta di utenti, di una sorta di èlite il cui valore si misura con la capacità di autoprodurre immagini e filmati e il cui potere si misura con il patrimonio di materiale da scambiare».
«Per una persona che si è sempre sentita svalutata, emarginata, rifiutata – spiegano i periti che evidenziano il trascorso di emarginazione di Materi a partire dalla sua esperienza alle elementari quando una maestra molto severa si sarebbe fatta gioco della sua balbuzie (fino a una deriva narcisistica fatta di arti marziali e body building dopo un paio di amori non corrisposti) – si dischiude un orizzonte entro il quale finalmente poter curare le sue ferite e conquistare la stima e il rispetto degli altri, e non di gente qualunque!»
Il malese lo provoca e promette di mettergli a disposizione il materiale da lui prodotto di cui gli fornisce solo piccoli spezzoni , «per stuzzicarmi» racconta Materi, se lui in cambio farà altrettanto. Il maestrino di Tricarico alla fine abbocca e fotografa una delle sue vittime con un foglio dove c’è scritto il nickname del suo nuovo amico. Poi si passa ai filmati. Ma le accuse nei suoi confronti, che non sono rientrate in questo processo parlano anche di un bimbo comprato in Svizzera e trasferte sessuali nel sud est asiatico. Il maestrino pianificava tutto e quando gli hanno chiesto di queste altre cose ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere.

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