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di PAOLA RIZZUTO*
L’“occasione” ci insegna ancora qualcosa, a collegare il presente ed il futuro: “la libertà è nel futuro, non nelle cose fatte ma in quelle ancora da fare”. Ed è così che in questa terra, dominata dalla “cultura della protezione”, è nostro dovere morale, mentre abbiamo partecipato tutti commossi ai festeggiamenti per l’Unità d’Italia, individuare “un’occasione” per cominciare a costruire il nuovo ed a smettere di esercitare la mala tolleranza. «Il silenzio sull’emergenza mafia è davvero assordante», dichiarava qualcuno che con tale fenomeno più volte si era professionalmente imbattuto! Quello delle “mafie” non è un problema giudiziario o non è solo tale. Illuminante la citazione di Thelonious k. Lecinsky, in Democracy and Conspiracy: «La leggiadria con la quale l’Occidente si sta consegnando, legato mani e piedi, alla criminalità, mi fa pensare che tra mafia e democrazia esista un legame indissolubile. Grazie ai flussi di capitali che il crimine organizzato riversa giorno dopo giorno nei settori strategici dell’economia, le nostre democrazie posso sopravvivere egregiamente alle crisi economiche ricorrenti. L’accumulazione del capitale mafioso, in origine illecita, necessita di trovare la sua giustificazione in un complesso sistema, legislativo e processuale. Si tratta da un lato, di continuare ad illudere la gente che a governare le dinamiche sociali siano la politica e la legge; dall’altro, di assicurare, nel giro di due, al massimo tre generazioni, la completa integrazione delle mafie. I mafiosi sono, oggi, i nuovi capitani di ventura: garantiscono la tenuta del sistema e si avviano a traghettarlo verso l’alba del domani. I loro figli e nipoti costituiranno una nuova élite destinata a ereditare l’Occidente». Così La mafia Spa è ormai una grande holding criminale. Un vero e proprio agente economico in grado di inquinare l’intera economia italiana, al Sud come al Nord, per troppo tempo sottovalutato quanto al rischio di espansione in termini di economia mafiosa e l’attuale crisi economica non ha fatto altro che aumentarne il suo potere di condizionamento. L’attività criminale della “mafia Spa” si avvale ormai di un’organizzazione interna tipicamente aziendale con tanto di manager, dirigenti, addetti e consulenti e, nel caso dei clan più potenti, siamo di fronte a un know how di tutto rispetto a differenza di qualche tempo fa. Insomma, in periodi di crisi, i soldi delle mafie, la loro grande liquidità, benché “sporchi” fanno gola. Il settore maggiormente in crescita nel giro d’affari dei reati che incidono più direttamente sulla vita delle imprese, è costituito dall’usura cui segue ad un breve passo, il racket delle estorsioni, questi ambiti della criminalità organizzata, infatti, potremmo definirli come il suo ramo commerciale che ha il precipuo scopo, da sempre, di consolidare il fatturato della mafia Spa. La crisi economica e finanziaria ha certamente alimentato il mercato dell’usura, qualcuno lo ha definito addirittura “il termometro della crisi”. E’ vero, oltre agli indicatori tradizionali e di mercato, quali la produzione industriale, la disoccupazione, i fallimenti e le insolvenze bancarie, se ne profilano oggi di nuovi, insoliti e molto significativi, uno di questi è proprio l’usura. Le banche stringono i cordoni mentre imprenditori e commercianti in difficoltà non possono più fare fronte alle spese ed al mantenimento non solo della propria azienda, ma anche e tristemente della propria famiglia. Sicché, in alcuni casi, la disperazione bussa alla porta della criminalità organizzata. La cronica mancanza di liquidità e la prolungata fase di crisi economica, ma anche la crescita dei giochi d’azzardo legalizzati, l’aggressione al patrimonio familiare da parte delle esattorie, il proliferare del pagamento delle tasse a rate, la difficoltà di accesso al credito bancario, il boom delle carte di credito revolving che permettono finanziamenti a tassi elevatissimi, che stiamo vivendo, sono tra le cause più importanti che hanno fatto esplodere il fenomeno. Ebbene, sono proprio i problemi economici che si traducono da un lato, in crisi di liquidità con difficoltà di accesso al credito per privati ed aziende, dall’altro nella generazione dei nuovi poveri che non accedono al credito ordinario per mancanza di garanzie da fornire o perché cattivi pagatori, che spingono oggi i piccoli imprenditori, i commercianti, ma cosa ancor più allarmante, anche i semplici cittadini, nelle mani di quelli che in gergo vengono chiamati i “cravattari”, termine ben esplicativo di questi esseri abietti che strangolano economicamente le loro vittime. Un rapporto perverso ma manifesto: quando tutti stanno peggio gli usurai fanno affari! E’ un reato nel quale legale ed illegale spesso si intrecciano più volte, per gli attori che vi operano che vanno dal professionista o imprenditore senza scrupoli dalla facciata intonsa e cristallina, al “malavitoso” (mafioso, camorrista, ’ndranghetista), al pensionato dall’apparenza irreprensibile; per i luoghi dagli ovattati studi di finanziarie degenerate, alle botteghe dei vicoli, ai bar, ai palazzoni anonimi nelle città indifferenti e spesso, troppo spesso, silenti ed ignoranti dei suoi indicatori. E’ davvero importante comprendere la pericolosità sociale e la qualità criminale delle reti usuraie presenti nelle nostre città, al fine di comprendere meglio i rischi per l’economia ed il territorio ed affinare le misure, preventive e repressive, di contrasto. Il “pizzo”, invece, continua a rimanere un fenomeno diffuso soprattutto al Sud ed in alcuni settori, poi, come quello dell’edilizia e degli appalti pubblici. L’edilizia in tutte le sue fasi, ma è costante l’attenzione alle attività commerciali e turistiche ed alla media e grande distribuzione. Per quanto riguarda quest’ultima, si evidenzia l’interesse delle mafie sui centri commerciali, funzionali al riciclaggio di denaro sporco. Molto seguito dai criminali è ancora il settore dei giochi e delle scommesse e l’industria del divertimento. Una vera miniera è poi rappresentata dai mercati ortofrutticoli che da sempre hanno rappresentato un luogo naturale per gli affari delle mafie. Ma la criminalità investe anche su Internet: sono infatti in costante crescita le frodi informatiche, in particolare la clonazione di carte di credito. C’è però una differenza di obiettivi: l’usuraio isolato punta ai soldi della vittima, la criminalità organizzata ai beni e alle aziende e alle opportunità di riciclaggio di denaro sporco. Eppure, inizialmente, quando l’usuraio si presenta è come un amico, il benefattore dalla soluzione pronta a porre fine alla disperazione della vittima, il cui comportamento è sempre più sottoposto all’attenzione della giurisprudenza attuale e della psicologia forense proprio per la prevenzione del fenomeno. A generare la dipendenza dal proprio aguzzino è il bisogno, ma una volta entrato nella rete, però, quello stesso bisogno diventa fagocitante. Parimenti, l’esattore del “pizzo”, soprattutto quello dei quartieri e delle vie commerciali, che si presenta ogni mese, diventa nel tempo “uno di famiglia” a cui rivolgersi per qualsiasi problema, chiedere favori, affidargli la risoluzione di controversie, ricomporre liti. Ogni attività economica-imprenditoriale viene “avvicinata” dai “signori del pizzo” o dagli “usurai” con il volto “conveniente” della collusione, piuttosto che quello spietato della minaccia, per evitare forme d’allarme sociale e di ribellione. Quando finalmente si comprende, è troppo tardi. Si è infatti ormai entrati in un vortice di violenza e disumana realtà! Le pratiche estorsive ed usuraie costituiscono la forma più subdola, capillare e violenta con cui la criminalità organizzata realizza il controllo del territorio, condizionando realtà economiche ed attività commerciali locali con la penetrazione di denaro sporco nell’economia pulita. Rompere la catena del silenzio delle innumerevoli vittime è certamente importante, ma non basta. Creare un tessuto sociale in cui cambia la cultura ed i modelli comportamentali è la risposta più impegnativa, ma anche quella più vera perché trattasi di risposta radicale al problema: bisogna sottrarsi alla logica della “protezione”, a cominciare dalle piccole cose e dai piccoli “favori”. Paolo Borsellino diceva «(.) sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.» La prevenzione parte da qui, da questo concetto. Spesso è la scarsa conoscenza che genera indifferenza e superficiale approccio. Purtroppo, la società civile non ha ancora raggiunto la piena consapevolezza delle devastanti conseguenze di tali forme criminali, non solo nei confronti delle vittime, ma soprattutto per l’intera collettività e l’economia sana, si alterano le regole del mercato in quanto non è possibile reggere la concorrenza mafiosa ed il costo sociale è davvero molto elevato. La prevenzione dall’usura e dal racket parte, quindi, dall’abbattimento della cultura tutta meridionale (ahimè!) della “protezione”, soprattutto in questo periodo di crisi economica, favorendo iniziative di comunicazione e di conoscenza delle misure per neutralizzare tali fenomeni e costruire una sorta di vero e proprio vademecum comportamentale e di conoscenza dei rischi e delle contromisure da adottare come strumento operativo e di difesa. L’accorato appello alle istituzioni, ovviamente, va da sé.
*Avvocato e vicepresidente Unione
Italiana Giuristi Cattolici Cosenza

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