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POTENZA – Volevano «sbaragliare la concorrenza». La loro zona era il vecchio Parco del sole, che adesso si chiama Baden Powell come il fondatore degli scout. Qui però l’unica attività all’aperto era lo spaccio. Hashish, cocaina, pasticche, ma soprattutto eroina. Il prezzo di una dose a Potenza era fisso sui 35 euro. Loro pensavano di abbassarlo a 28 per conquistare fette di mercato. La roba la prendevano a Scampia, il più grosso mercato a cielo aperto di stupefacenti d’Europa. Per portarla se l’infilavano nell’ano. Per il viaggio si trovava sempre un tossico disposto a prestare la sua auto per uno sconto sulla “spesa”.
Ieri mattina è scattato il blitz. Gli agenti della squadra mobile di Potenza hanno arrestato 20 persone con le accuse a vario titolo di associazione a delinquere e spaccio. Per sei di loro, Francesco Abascià, Francesco Bochicchio, Antonio Gili, Francesco Petruzzelli, Francesco Sabia e Lucio Sangermano, il capo di imputazione è quello più grave perchè avrebbero messo in piedi una vera e propria organizzazione, che avrebbe avuto anche la disponibilità di una pistola che in almeno un’occasione si sarebbero portati dietro in trasferta nel napoletano per concludere un affare più delicato degli altri.
In totale gli episodi accertati sono 407, ma è una stima per difetto. Oltre a parco Baden Powell, che era diventato la principale piazza di spaccio del capoluogo proprio di fronte a una scuola media ed elementare (l’istituto Domenico Savio) e alla sede del gruppo scout Agesci 1, gli investigatori hanno localizzato consegne di stupefacenti anche in via Tirreno in un appartamento trasformato in una base operativa del gruppo e in diversi altri punti strategici della città. Le intercettazioni e le numerose testimonianze dei clienti sentiti dagli agenti che hanno condotto l’inchiesta hanno confermato anche il gergo che veniva utilizzato. Per darsi appuntamento per comprare un po’ di roba bastava offrire un caffè al proprio spacciatore o un aperitivo quando si era fatta sera. Poi si stabiliva dove vedersi, preferibilmente in posti tranquilli come una scala poco illuminata tra il centro storico e le vie più in basso o dalle parti di Poggio Tre galli.
Tra gli arrestati ci sono anche figli di ottime famiglie, come tra i clienti. Quello che è emerge dall’inchiesta della Squadra mobile di Potenza è uno spaccato di degrado e il ritorno di droghe come l’eroina che sembrava relegate ai margini della società e invece raccolgono sempre più adepti soprattutto tra i più giovani. L’età media degli indagati rappresenta bene quella di chi si rivolgeva a loro. In alcuni casi gli investigatori si sono trovati davanti anche a consumatori minorenni, e baby spacciatori che acquistavano più dosi per smerciarle nel loro giro. Il documento più inquietante agli atti dell’inchiesta sono i filmati registrati dalle telecamere nascoste nel parco. «Una scena raccapricciante», l’ha chiamata il gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, Luigi Spina, quella in cui si vede una bambina giocare a pochi metri di distanza da una ragazza con un cappuccio nero infilato sulla testa che si infila una siringa nel braccio. Perchè a parte gli studenti che affollano l’istituto “Domenico Savio” il parco Baden Powell resta un’area frequentata da famiglie e attrezzata con giochi per bambini. Ed è proprio davanti ai loro occhi che si svolgevano ogni giorno scene come quelle riprese dagli agenti in osservazione. C’era uno strano traffico nella zona riservata ai cani. Ragazzi che arrivavano e andavano via. Altri che si incontravano e si appartavano per «svoltare». Gli alberi offrivano riparo da sguardi indiscreti e le denunce dei cittadini si ripetevano senza sortire nessun effetto. Poi da un controllo casuale è partita l’indagine vera e propria. Sono finiti sotto controllo i primi telefoni e gli investigatori hanno avuto dei nomi di persone da sentire. Molti hanno confermato che acquistavano la roba da quegli spacciatori che si nascondevano dietro nomignoli come “Koala”, “Kokò”, “Pingu” e cose così. Altri hanno detto di aver fatto la loro conoscenza al Sert dove fingevano di disintossicarsi. Era lì che qualcuno cercava nuovi clienti, tra chi cercava di uscire dal tunnel del droga una volta per tutte.
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