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SALERNO – L’hanno attesa per anni, l’hanno invocata senza mai arrendersi, e alla fine è arrivata. E quando il giudice ha letto la sentenza di condanna, mamma Filomena e i due fratelli di Elisa, Gildo e Luciano, l’hanno gridata: «Giustizia è fatta per Elisa». Una vittoria che arriva dopo 18 lunghi anni, fatti di tormento e umiliazioni (come dirà Gildo). «Colpevole» è stato il verdetto del gup del Tribunale di Salerno, Elisabetta Boccassini, che ieri ha condannato Danilo Restivo a trent’anni di carcere. E’ il massimo della pena, secondo la formula del rito abbreviato, ed è la condanna che aveva chiesto l’accusa. Ora, quel volto a cui la famiglia Claps ha sempre attribuito l’omicidio di Elisa, è colpevole anche per la giustizia italiana. Pagherà con il carcere e con una somma da versare ai Claps di 700.000 euro. «Un omicidio consumato per motivi abietti», è la sentenza arrivata dopo cinque ore di camera di consiglio, al termine del processo con rito abbreviato che ha evitato l’ergastolo all’uomo. Pronunciata davanti a Filomena (in foto), Gildo e Luciano, evidentemente provati dall’emozione e dalle ansie di questi ultimi giorni, che però ieri non hanno potuto guardare in faccia quel «mostro» che ha portato via Elisa, così come mamma Filomena aveva sempre sperato. Danilo è detenuto in Inghilterra per l’uccisione della vicina di casa Heather Burnett. «Cara sorellina ce l’abbiamo fatta – ha detto Gildo subito dopo – Il giorno della scomparsa avevo promesso ad Elisa che non avrei trovato pace fino a quando non avrei trovato il suo assassino, e oggi giustizia è fatta». Giustizia sì, ma ancora solo parziale. E i Claps non smettono di ripeterlo: «Ora vogliamo tutta la verità». «Vogliamo la verità sulla Chiesa – aggiunge mamma Filomena, che a fine giornata ha avuto anche un pensiero per tutte le madri che hanno perso i figli – che non doveva fare tutto quello che ha fatto». Dopo quel 12 settembre di 18 anni fa il corpo di Elisa è rimasto nascosto nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità di Potenza, fino al ritrovamento del 17 marzo del 2010. Poi un commento anche sul magistrato che all’epoca dei fatti condusse le indagini: «Si deve fare un esame di coscienza: a causa sua non ho potuto abbracciare Elisa».
Il gup ha accolto la richiesta della Procura. «E’ stata fatta giustizia nei limiti di quello che può fare una sentenza», ha commentato il pm Rosa Volpe. Ad uscire per primo dall’aula del Tribunale di Salerno, l’avvocato difensore di Restivo, Mario Marinelli, che fino all’ultimo ha professato l’innocenza del suo assistito e che nell’udienza di giovedì aveva contestato la perizia dei Ris che ha riscontrato il Dna di Danilo sulla maglia della studentessa potentina. Ieri, ha commentato così la sentenza: «No me l’aspettavo, ma non sono deluso». «Sono ancora convinto che sia innocente», ha aggiunto, annunciando il ricorso in appello. Ma prima, «bisogna attendere le motivazioni della sentenza. Le leggeremo e valuteremo».
Oltre alla detenzione in carcere e al risarcimento alla famiglia Claps, Restivo è stato condannato anche all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla libertà vigilata per tre anni a fine pena.
Ma la sentenza di ieri è stata solo un primo passo verso l’accertamento della verità. L’avvocato della famiglia Claps, Giuliana Scarpetta, ha ricordato: «Le indagini su tutti gli altri aspetti di questa vicenda, sulle complicità e sulle responsabilità andranno avanti. Bisogna andare avanti sulla Chiesa e, non facendo trovare il corpo di Elisa per 18 anni, ha permesso che fossero stati prescritti tutti gli altri reati concorrenti per i quali Restivo sarebbe stato condannato all’ergastolo». La Procura ha già aperto un’indagine bis sulle modalità del ritrovamento del corpo di Elisa a marzo del 2010. E nei giorni passati Gildo aveva annunciato: «Presto ci saranno nuovi indagati. Ci sono uomini della Chiesa coinvolti».
Da Potenza, a commentare subito il verdetto del gup ci ha pensato il sindaco Vito Santarsiero. E’ una sentenza che offre giustizia anche a una città profondamente ferita da un brutale omicidio per troppo tempo senza verità e giustizia, come riconosciuto dagli stessi giudici che hanno accolto la richiesta del Comune di costituirsi parte civile. Richiesta, invece, negata alla Chiesa, che per il gup si sarebbe macchiata di «negligenza e possibili complicità per l’occultamento» e contro la quale la famiglia Claps ha già annunciato un procedimento civile con richiesta di risarcimento danni.
mar.lab.
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