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di PARIDE LEPORACE
MENTRE Piazza Affari affonda, le banche vanno tenute sotto stretto controllo nelle loro attività. E’ forse questo il motivo per cui gli ispettori di Bankitalia stanno lavorando con riservo e solerzia dalle nostre parti? Intanto ieri, il ragioniere Mimmo Guidotti ha lasciato la direzione generale della Banca popolare dell’Emilia Romagna, uno dei principali gruppi bancari italiani. Lo ha annunciato uno scarno comunicato aziendale, che motiva le dimissioni con le canoniche “ragioni strettamente personali”.
In realtà fonti ben informate riferiscono che Guidotti sarebbe stato “sfiduciato” dal Consiglio di Amministrazione della banca, con una delibera plebiscitaria. Sui motivi di questa così grave e clamorosa decisione non sono al momento trapelate indiscrezioni, ma probabilmente ne sapremo di più nelle prossime settimane.
Questa notizia potrebbe sembrare di secondario interesse per i nostri lettori e in genere per il territorio meridionale, se non fosse che il gruppo bancario in questione controlla diverse banche sparse per l’Italia, tra le quali la Banca popolare del Mezzogiorno, fortemente radicata in Basilicata e Calabria e presente anche in Puglia e Sicilia.
La Banca popolare del Mezzogiorno, come molti ricorderanno, è sorta sul finire del 2008 dalla fusione di due storici istituti di credito, la popolare del Materano e la popolare di Crotone, forti di più di un secolo di storia alle spalle, entrambi controllati dalla metà degli anni novanta dal gruppo BPER.
La fusione non fu del tutto indolore: a poco più di un anno dall’operazione a Matera e in Basilicata furono sollevate molte perplessità a seguito della denuncia da parte di una sigla sindacale aziendale, che lamentava la sconfessione nei fatti degli impegni assunti e che erano alla base della fusione, che prevedevano la pari dignità tra le due componenti territoriali della nuova banca (crotonese e materana), avendo la stessa preso una strada di deciso spostamento dell’asse verso la Calabria, accentrando a Crotone tutti i centri decisionali e lasciando a Matera solo un vago presidio delle filiali lucane e pugliesi. In quella occasione si mossero anche le Istituzioni locali, con prese di posizione e richieste di chiarimenti, tra tutte quelle del governatore De Filippo e del presidente della Provincia di Matera Stella. Le colonne del Quotidiano della Basilicata furono in prima fila nel seguire attentamente la vicenda.
In quei frangenti piombo’ a Matera il ragionier Guidotti (sì, proprio quel Guidotti oggi in uscita), che si affannò nel corso di una tesa conferenza stampa a cercare di minimizzare e tranquillizzare. La vicenda perse rapidamente l’attenzione dei media, mentre le Istituzioni locali, come troppo spesso accade dalle nostre parti, si accontentarono di generiche rassicurazioni e qualche pacca sulle spalle.
Superato questo momento critico, la banca – con la regia del solito Guidotti che da Modena teneva le fila – ha continuato con rinnovato vigore l’opera di “normalizzazione”, che ha portato Matera e la Basilicata a perdere un ennesimo pezzo importante e strategico del proprio territorio. Nel frattempo i manager della vecchia Banca popolare del Materano, che pure si erano dimostrati capaci di far crescere dimensioni e utili dell’istituto, sono stati relegati in ruoli di secondo piano, figli di un dio minore. Lo stesso consiglio di amministrazione, di recente rinnovato, ha visto ridursi notevolmente la presenza di esponenti locali, in grado di difendere le legittime aspettative delle nostre aree.
Ora la novità costituita dalla uscita di scena di Guidotti, modenese di nascita, ma crotonese di adozione avendo diretto per un decennio la popolare di Crotone (il che forse spiega il perché di certe simpatie verso la Calabria), potrebbe determinare un diverso atteggiamento di Bper nei confronti delle strategie della sua controllata meridionale, magari guardando a territori più attrattivi e interessanti (la banca è presente anche sulla piazza di Bari, per esempio). Le prossime mosse di Bper ci diranno quale rotta sarà intrapresa. A questo riguardo non sarà di ostacolo la presenza di Guidotti del CdA della Mezzogiorno (non ci risulta si sia dimesso da tale incarico), in quanto la sua uscita dalla Direzione della Bper determina ineluttabilmente un depotenziamento della sua capacità di incidere su strategie e decisioni. Del resto non ci meraviglierebbe un suo allontanamento anche da questa postazione, magari tra un po’.
Un altro scenario possibile potrebbe essere quello di una ulteriore stagione di fusioni e accorpamenti all’interno del gruppo: in sostanza si potrebbe ipotizzare l’unione tra la banca popolare del Mezzogiorno e la confinante banca della Campania, che darebbe vita a uno degli istituti di credito principali dell’Italia meridionale e forse potrebbe implicare una profonda revisione degli equilibri territoriali interni alla nuova banca così concepita.
D’altro canto Bper sembra sempre meno interessata a portare avanti il modello di “gruppo di banche territoriali”, che pure ne ha fatto la forza negli anni passati, in favore di un’ottica più pragmatica di razionalizzazioni e con un occhio sempre attento ai mercati (come noto Bper è quotata in Borsa tra i titoli principali con tutto quello che ne consegue in queste ore).
Proprio nel solco di questa nuova linea strategica si inserisce una importante operazione societaria che BPER sta portando avanti e che partirà operativamente nei prossimi giorni: in breve si tratta di una OPS (offerta pubblica di scambio) volontaria tra le azioni della stessa BPER e quelle di sette banche del gruppo tra cui la popolare del Mezzogiorno.
Dopo una sospensiva da parte della Consob l’operazione risulta aver ottenuto le prescritte autorizzazioni.
In sostanza, per quanto riguarda i circa ventimila soci della Mezzogiorno, ogni azione della banca meridionale potrà essere scambiata, ricevendo in corrispettivo 0,87 azioni della BPER. Per dirla ancor più semplicemente, 100 azioni BPMezz contro 87 azioni BPER.
Il nostro giornale si è’ già occupato della vicenda (articolo del 12 settembre scorso), sollevando alcune questioni importanti, soprattutto se si tiene conto dell’elevato numero di soci di minoranza. E’ in gioco il definitivo tramonto del “modello federale” sbandierato per anni dalla banca modenese.
I vantaggi per la BPER sono indubbi: in un colpo solo si libera in pratica dei soci di minoranza, a condizioni per lei favorevoli e di cui diremo più avanti; inoltre realizza un obiettivo di capitalizzazione indispensabile alla luce dei dettami di Basilea 3 e del drammatico momento dei mercati, anche se non con immissione di danaro fresco (operazioni di ripatrimonializzazione delle banche in questa fase congiunturale sono ardue anche solo da immaginare).
I vantaggi per i soci della BPMezz consistono esclusivamente nella opportunità di ricevere a operazione avvenuta azioni quotate e quindi facilmente negoziabili, a differenza di quelle oggi detenute, regolate in un mercato “ristretto” e quindi meno liquide.
Che l’operazione sia di grande utilità per BPER lo testimonia la circostanza che ci viene da più parti riferita, che vede già da tempo mobilitata la macchina commerciale della Mezzogiorno in una azione di “convincimento” a tappeto, socio per socio, per garantire il successo della stessa. (Per i dettagli rimandiamo alla scheda tecnica in pagina)
Fortunatamente, come dicevamo all’inizio, da qualche giorno ci risulta che in Banca popolare del Mezzogiorno siano arrivati gli ispettori della Banca d’Italia, che certamente avranno modo di indagare che qualcuno non abbia fatto il furbo nelle operazioni di cessione.
Comunque, anche se l’operazione di scambio è volontaria (anche se molto “caldeggiata”), correttezza e trasparenza avrebbero voluto che l’offerente (BPER) spiegasse con chiarezza questi aspetti, senza affidarsi solo a profluvi di documenti tecnici pubblicati online o a dichiarazioni vaghe di oscuri impiegati delle relazioni esterne.
Forse proprio questo desiderio di chiarezza e di attiva partecipazione sta spingendo, stando a quanto ci viene riferito, molti soci della banca meridionale a costituirsi in comitato, anche per monitorare attentamente le future strategie del gruppo.
La stella di Guidotti quindi tramonta in una fase molto delicata, con decisioni che lui stesso ha contribuito a prendere e i cui effetti altri dovranno gestire. Le prossime settimane ci diranno molte cose sul futuro della popolare del Mezzogiorno e del suo gruppo di appartenenza, sperando che non si tratti ancora una volta di un’occasione perduta per il nostro territorio.

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