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FUTURO E PRESENTE DEL PARTITO REGIONE di PARIDE LEPORACE VINCENZO Viti, tifoso dell’Atalanta, in metafora calcistica è un portiere degno del bravissimo Andrea Consiglio. Cerca di parare tutte le offensive che giungono sul Partito Democratico di Basilicata. Non abbiamo molto creduto alla validità di una commissione interna d’inchiesta su Fenice, ma questa è solo un’opinione del giornale. Certo, chi ci credeva e ci punta, poteva meglio presentarla e concordarla. Anche Vita e Romaniello non aderiscono e giustificano la decisione politica dei centristi che per tempo avevano detto che, chi ha avuto responsabilità, si metta da parte.
Il buon Pagliuca era sindaco quando Fenice si è insediata. E anche nel suo partito sono in molti a giudicarlo troppo istituzionale come oppositore. Una decisione unanime avrebbe giovato al percorso di una Commissione che non parte con il piede giusto. Ernesto Navazio, presidente, non avrebbe provocato questa falsa partenza. Il Pd ha preferito far coltivare il sospetto dell’inciucio. E’ un Partito-regione che non discute delle questioni vere e cerca di arginare ogni critica, i personalismi autorevoli sono proiettati al futuro. Alle poltrone da conquistare. E per qualcuno sono anche obiettivi di livello istituzionale nazionale. Proviamo a capire la situazione avvalendoci di qualche precedente storico. Filippo Bubbico, da presidente della Regione, era riuscito a realizzare un governo regionale molto forte e autorevole, incentrato sulla sua figura e puntellato da un partito, i Ds, che mai lo ha contraddetto (ne ha sostenuto ogni iniziativa), grazie soprattutto ad un’intesa forte con Vincenzo Folino e con Antonio Luongo. L’unico che aveva provato ad esercitare un’azione “anti-Bubbico” nel centrosinistra era stato Tonio Boccia, all’epoca “padrone” della Margherita, neutralizzato dai Ds i quali hanno favorito l’ascesa di Vito De Filippo, proprio in funzione anti-Boccia. Bubbico, dunque, è stato un fortissimo governatore in Basilicata, in grado di controllare e governare ogni processo, popolarissimo soprattutto dopo la vicenda Scanzano al punto di diventare il Generale che crea l’identità di un popolo nuovo. Tutta questa popolarità e questa capacità di governo, tuttavia, Bubbico non è stato in grado di capitalizzarla negli scenari nazionali, tanto che nel Governo Prodi non è andato oltre il ruolo di uno dei tanti sottosegretari per giunto sottoposto alla gogna di Toghe lucane. Oggi, al contrario, Vito De Filippo è un presidente la cui azione di governo è pressoché inesistente e quasi non percepita dai cittadini. Il Pd oggi è tutt’altro che compatto nel sostenere la sua azione. Tuttavia, grazie alla sua abilità politica, De Filippo è stato in grado di neutralizzare ogni attacco interno (dell’opposizione, non ne parliamo nemmeno), guadagnandosi (anche prospettando al giovane Roberto Speranza la possibilità di un futuro da presidente di Regione) la lealtà di un segretario regionale alla cui elezione non aveva certo contribuito, e spaccando il fronte degli avversari interni, con l’area Folino che non può più contare sulla “fedeltà” del segretario che aveva eletto, e che nel frattempo ha perso anche Vincenzo Santochirico. Tanto che oggi i “tre moschettieri” sono rimasti una figurina del celebre concorso radiofonico Perugina più che una credibile opzione per il futuro del Pd. De Filippo, inoltre, è stato capace di sfruttare al massimo la sua abilità anche nella collocazione a livello nazionale, che gli ha prima garantito la ricandidatura alla Regione ed ora sembrerebbe lanciarlo verso un posto “sicuro” di futuro ministro in un eventuale governo di centrosinistra e aspirando a diventare l’Emilio Colombo del XXI secolo. Molto dipenderà da Gianni Pittella, l’uomo che all’indomani della grande affermazione alle elezioni europee era già dato come il possibile ministro per il Mezzogiorno del futuro governo di centrosinistra. Pittella, comunque è molto vicino al Quirinale, e si appresta a presentare una novità politico-culturale di grande respiro. Tra governo e Regione si gioca la staffetta tra Vito e Gianni? Conoscendo le latitudini di Pittella difficile che vi risponda di sì: quindi chi può aspirare alla successione di De Filippo? Queste le opzioni: Piero Lacorazza (quotidianamente impallinato in vario modo da tutto quanto gira intorno a De Filippo); Roberto Speranza (oggettivamente troppo debole, per cui la sua candidatura appare oggi solo un’illusione); Salvatore Margiotta (abile politicamente ma lontano dal territorio per cui sarebbe anche difficile da creare un vasto consenso sulla sua candidatura). Su Margiotta non basta una parentesi. La sua corrente è nell’occhio del ciclone. Nonostante tutto, sta mostrando doti di leader degne dei migliori capi democristiani. Nell’immediatezza dello scandalo Fenice ha blindato Restaino. Poi si è buttato nella mischia come un leone senza temere le contraddizioni e difendendo a piè sospinto le scelte di De Filippo. Margiotta ieri ha posto questioni serie al ministro Prestigiacomo che ha fatto avanspettacolo in televisione sulla Fenice e sempre lo stesso deputato in queste ore ha stoppato meglio di Burnich ogni offensiva di radicali nazionali e locali. A margine va detto che la corrente-lobby del professore Margiotta non può essere indicata come l’unico frutto della malapolitica solo per essere venuta ai tristi onori della cronaca giudiziaria. Acquedotto Lucano, Alsia, Sel, aziende sanitarie ed ospedaliere (a proposito le nomine che fine hanno fatto?) dipartimenti e assessorati governati dalle altre correnti del Pd non è che siano questo fulgido esempio di socialdemocrazia scandinava. Resta il problema di una Regione che oggi non è governata, la cui agenda è quasi vuota, e che non sembra nemmeno lontanamente in grado di indicare una strada, una strategia. Ma questa è ancora una volta un’opinione. Speriamo di essere smentiti da atti, fatti e notizie.
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