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POTENZA – «Il caro Mario Manzi». Lo ha ricordato così l’assessore provinciale all’ambiente Massimo Macchia a Melfi in consiglio comunale giusto venti giorni fa, nel suo intervento a proposito del termovalorizzatore Fenice, dopo la pubblicazione dei primissimi dati sull’inquinamento della falda. «Il rapporto che c’è ed è questa la verità – aveva aggiunto Macchia – tra i nostri tecnici e quei soggetti è quello che c’è tra un bambino ed una persona di trent’anni ad un tavolo di poker». Insomma chi specula sull’ambiente è sempre un passo avanti. «Quello è il rapporto. Abbiamo l’anello al naso». Eppure il leader dello smaltimento fanghi industriali in Basilicata, lo stesso che gestisce anche la discarica di Salandra, «il caro Mario Manzi», responsabile dell’Ufficio gestione rifiuti, controlli ispettivi e vigilanza ambientale (appena andato in pensione), se lo tiene stretto. Altro che anello al naso. E adesso hanno in programma di realizzare un impianto per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi e non dalle parti di Tito Scalo, a una quindicina di chilometri dal capoluogo. Mario Manzi è suo socio e la società si chiama Servizi ecologici integrati srl, in breve Serveco.
L’imprenditore in questione è Giovanni Castellano, un nome che ritorna nell’inchiesta del pm Salvatore Colella sugli ultimi scandali ambientali lucani ma non risulta nell’elenco degli indagati. A parte il colosso Fenice-Edf e le ombre sull’intero ciclo dei rifiuti in regione, tra gestori e proprietari di impianti sospetti solo l’amministrazione del capoluogo è finita sotto inchiesta. Il sindaco di Potenza è accusato di abuso d’ufficio perchè avrebbe cercato di forzare le procedure per le autorizzazioni del progetto di ampliamento della discarica comunale di Pallareta. Davanti allo stop da parte di Regione e Provincia i carabinieri hanno intercettato i suoi sfoghi col direttore dell’Arpab Vincenzo Sigillito, nei quali entrambi se la prendono con gli uffici di via Anzio, e un certo punto tirano in mezzo lo stesso Manzi. Santarsiero parla anche col presidente della Regione, ed evoca un «sistema» che si sarebbe messo in moto, strani «interessi» e pressioni da parte del sindaco di Salandra, che è il proprietario della discarica affidata in gestione a Castellano. Con un tempismo micidiale infatti Geppino Soranno, mentre il progetto del Comune di Potenza veniva bloccato, un aveva chiesto un sovrapprezzo per lo smaltimento dei rifiuti del capoluogo. Vito De Filippo aveva alzato subito il telefono cercando di abbozzare. Peraltro lui conosce bene non solo il sindaco Soranno ma anche Giovanni Castellano per una brutta disavventura che risale a quasi dieci anni fa. De Filippo era assessore all’agricoltura e finì nel blitz per lo scandalo delle tangenti del gruppo De Sio per gli appalti Eni-Agip assieme proprio a Castellano. Le accuse per il governatore si sciolsero in udienza preliminare mentre le cose per l’imprenditore andarono un po’ peggio. Fatto sta che alla vigilia di una vera e propria crisi dei rifiuti nel capoluogo, se Soranno alla fine decide di scendere a più miti consigli è Castellano in prima persona a fare la voce grossa, e Santarsiero viene intercettato di nuovo mentre se la prende per una lettera in cui il gestore della discarica di Salandra, bypassando l’amministrazione, minacciava di sospendere i conferimenti se prima Potenza non avesse provveduto al pagamento delle fatture arretrate.
«Santarsiero si altera». Annotano gli investigatori. Perchè secondo lui Castellano non si può comportare così, e se ha deciso di respingere i camion dal capoluogo, allora scoppierà un “casino”. E poi quanto percolato produce la discarica di Salandra? «Poco e niente» secondo il sindaco di Potenza. Qualcosa non gli torna e avverte che qualcuno tra Regione e Provincia potrebbe usare due pesi e due misure quando si parla di ambiente. Chissà? La Provincia di Potenza in tutto questo in realtà c’entrerebbe ben poco, anche perchè Salandra è in provincia di Matera. Ma è il presidente Piero Lacorazza che decide che i rifiuti del capoluogo debbano andare nell’impianto di Castellano. La società di Castellano con il responsabile dell’Ufficio gestione rifiuti, Mario Manzi, aggiunge solo l’ennesima ombra a una vicenda già molto intricata.
Ripercorrerla tutta è difficile, ma tanto vale riepilogare per cercare di fare un po’ di chiarezza. Gli investigatori indagano a partire dalla denuncia di un sindacalista che tra le altre cose segnala che l’Arpab non appena Sigillito si è insediato ha preso in affitto per la sede materana un’immobile di proprietà di Castellano. I carabinieri si concentrano su alcune possibili raccomandazioni all’interno dell’ente e per caso scoprono due grosse questioni ambientali: quella di Fenice e quella di Pallareta. Per la prima sono finiti agli arresti domiciliari Vincenzo Sigillito e il coordinatore provinciale dell’Arpab Bruno Bove. Per la seconda gli accertamenti sono ancora in corso, ma dagli atti risultano degli intrecci molto strani.
Fenice, ad esempio, fino a due settimane fa ha continuato a bruciare in forza di un’autorizzazione temporanea del dirigente dell’Ufficio gestione rifiuti della Provincia di Potenza, dove ancora lavorava come secondo in comando Mario Manzi. Fenice sapeva dell’indagine in corso e Sigillito è indagato per aver rivelato documenti della Procura a un imprenditore, Donato Moscariello, che smaltiva le ceneri per il termovalorizzatore, in società col figlio del pm che si stava occupando del caso e il fratello del professore Salvatore Masi, dell’Unibas, ideatore del Piano provinciale per i rifiuti assieme di nuovo a Mario Manzi. Inoltre Moscariello sarebbe stato socio di Fenice in una società chiamata Vulture ambiente. Sarebbe perchè i bilanci di Fenice registrano l’acquisto e l’alienazione di una quota di capitale nell’arco di pochi mesi, ma nessuno si è preso la briga di registrare l’operazione alla Camera di commercio. Chi sono gli altri soci di Vulture ambiente? Giovanni Castellano e la Servizi ecologi integrati: la ditta di Giovanni Castellano e dell’ex funzionario della Provincia che ha stoppato il progetto per l’ampliamento della discarica di Pallareta.
Leo Amato
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