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POTENZA – Qualche tempo fa, un consigliere comunale di Potenza, Rocco Coviello (Fli), nella seduta dedicata alla discussione sul bilancio denunciò che, spesso, i Comuni lucani si imbattono in prezzi per lo smaltimento in discarica, imposti dalla gestione privata, «quasi da strozzini». Quella del caro-rifiuti è una denuncia frequente tra gli amministratori locali: negli ultimi anni il prezzo del conferimento in discarica è più che raddoppiato, arrivando a sfiorare i 190, forse 200 euro a tonnellata. Ma alternativa sembra non essercene. O forse, solo stenta a decollare.
Uno dei dati preoccupanti è quello sulla differenziata: a dispetto dei finanziamenti (spesso ingenti), questa pratica – salvo alcuni casi di Comuni virtuosi – non sembra fare presa. L’effetto è un mancato abbattimento della produzione di rifiuto a monte.
Ci si imbatte, poi, nei passaggi successivi del sistema. Il territorio del bacino Potenza-centro paga più di qualche carenza. Il piano provinciale dei rifiuti è datato 2002. Prevedeva 7 discariche, 5 stazioni di trasferenza, due inceneritori: uno è Fenice, chiuso temporaneamente in seguito all’inchiesta della Procura di Potenza; l’altro, quello di San Luca Branca a Potenza, è spento da anni, dopo aver smaltito pochissimo. Pezzi del sistema che, oggi, sono venuti meno alle previsioni.
Nel 2009, a contesto e necessità cambiati, la Provincia e la Regione ratificano una intesa che modifica le previsioni iniziali. Le stazioni di trasferenza salgono a sette.
La Provincia ha avviato l’iter per tutte le previsioni di quell’accordo, che stabiliva come «l’insieme di queste stazioni costituisce la rete infrastrutturale indispensabile per ottimizzare la gestione dei flussi di rifiuti solidi urbani». Tempi stretti, impegno finanziario regionale, realizzazione in capo alla Provincia. Eppure, tra carenza di fondi e il diniego dei livelli locali, della maggior parte di queste stazioni previste non si intravede la meta. Ad oggi, è ancora attiva solo quella di Tito Scalo: se uno dei pezzi del circuito di raccolta e smaltimento si ferma (un guasto in una discarica, una protesta popolare, un mancato pagamento da parte dei Comuni), l’impianto si gonfia talmente di rifiuti, da non poterne più ricevere. A Trivigno e Baragiano, le amministrazioni hanno fatto sapere di non avere siti idonei a disposizione; a Noepoli e Chiaromonte, invece, qualche problema pare sia sorto sulla contiguità di aree protette.
Il bacino centro, nel frattempo, continua ad andare spesso in sofferenza. Solo ieri i sindaci lucani si sono riuniti di nuovo attorno a un tavolo, con Regione e Provincia, per capire come superare l’ennesima emergenza. La protesta dei cittadini a Tricarico e la chiusura della discarica di Lauria (due siti a cui erano destinati, secondo l’ordinanza del governatore De Filippo, parte dei rifiuti del Potentino) ha mandato in tilt il circuito. Per alcuni giorni, a Potenza, i sacchetti hanno popolato strade e marciapiedi, riempiendo i camion della raccolta che non potevano versare nella stazione di Tito Scalo. Per i prossimi giorni la soluzione (tampone) dovrebbe prevedere un carico di 7 viaggi al giorno, da Tito a Pisticci (3 camion), Salandra (3 camion) e Atella (uno). Ma nella discarica del Vulture dal Potentino dovrebbero arrivare rifiuti solo per un paio di settimane, in attesa che venga riaperta la discarica di Lauria. Salvo nuovi intoppi. E comunque sempre fino al prossimo dicembre, quando un’ordinanza regionale dovrà ridisegnare l’intero percorso dei rifiuti lucani.
Sara Lorusso
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