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Torna in libertà Giuseppe Braghò, di 64 anni, arrestato l’altro ieri insieme a Rosario Zappino, di 66 anni, perchè trovati nel sito archeologico di Oppido Mamertina, nella piana di Gioia Tauro, dove stavano cercando abusivamente reperti armati di metal detector, zappe, e picconi. Ieri mattina Braghò e Zappino, difesi dagli avvocati Gaetano Scalamogna e Rocco Barillaro, sono comparsi davanti al giudice monocratico di Palmi, Sebastiano Finocchiaro, che non ha convalidato l’arresto ed ha disposto la scarcerazione dei due nonostante il parere contrario del pm di Palmi, Giulia Masci.
Sulla decisione adottata dal giudice monocratico il procuratore di Palmi, Giuseppe Creazzo, ha annunciato ricorso in Cassazione pur non commentando la decisione. Secondo la decisione del giudice monocratico, Braghò e Zappino non avrebbero provocato alcun danno alla zona archeologica di Contrada Mella di Oppido Mamertina, e poiché la pena per chi viene trovato con reperti archeologici dopo essere stata derubricata nel 2004 prevede una reclusione fino a tre anni e quindi non comporta l’arresto. Il giudice Finocchiaro ha calendarizzato il processo a carico dei due che si svolgerà il prossimo 12 dicembre.
Subito dopo la decisione del giudice Braghò ha lanciato una serie di accuse al vetriolo contro i carabinieri, ovviamente senza citarli direttamente contestando la ricostruzione dei fatti: «E’ stato ordito un complotto contro di me per infangare il mio nome. Ho vissuto un vero e proprio inferno. Ero a Oppido Mamertina con il mio amico per un’inchiesta sui fondi spesi per il parco archeologico. Quando i carabinieri sono arrivati eravamo fuori dall’area e su un terreno privato. Poi siamo stati trattati come dei criminali». All’uscita dal carcere di Palmi Giuseppe Braghò è come un fiume in piena ed annuncia che farà luce sulla vicenda: «Da un mese e mezzo sto lavorando ad un’inchiesta che farà emergere l’ennesimo scandalo. E l’episodio che mi è accaduto è un modo per fermarmi. Ma io andrò avanti per la ricerca della verità. Nell’area archeologica di Oppido Mamertina sono stati spesi molti fondi pubblici e qualcuno dovrà dare conto di che fine hanno fatto».
Braghò racconta anche quanto è avvenuto: «Io ed il mio amico siamo stati portati via – dice – come due criminali da una decina di carabinieri. Siamo stati dodici ore senza nemmeno poter avere un bicchiere d’acqua. Poi ci hanno portato in carcere e qui siamo stati rifocillati da alcuni detenuti. Abbiamo vissuto un’esperienza allucinante. Per dodici ore sono stato privato anche dei farmaci che devo prendere a causa delle mie precarie condizioni di salute. Stamane poi il giudice – ha concluso Braghò – quando ha visto di cosa eravamo accusati e la ricostruzione dell’accaduto, si è messo a ridere e ci ha rimesso in libertà». Ovviamente la versione cozza con quella ricostruita e inserita nell’informativa da parte dei carabinieri secondo i quali Braghò e Zappino sono stati fermati all’interno dell’area archeologica il cui perimetro è ben visibile anche per la presenza di cartelli. Sono arrivati a bordo di un fuoristrada e quando sono stati fermati dai militari del capitano Raffaele Giovinazzo stavano effettuando con attrezzi da scavo e metal detector scavi illegali. Non solo, subito dopo, essere stati fermati hanno consegnato ai Carabinieri i reperti che avevano rinvenuto e che avevano nelle tasche. Versioni diametralmente opposte che verranno confrontate nel processo.
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