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Chiuso il cerchio sull’omicidio di Pietro Marsiglia. Mentre Vincenzo Cattolico (a destra) si è presentato in caserma per costituirsi, il fratello Alessandro aveva già confessato tutto davanti al pm Debora Rizza. «Siamo stati noi – avrebbe detto il giovane muratore – mio fratello ha sparato ma non voleva uccidere». Alessandro Cattolico (a sinistra in foto), poi, durante un interrogatorio durato diverse ore avrebbe spiegato al magistrato della Procura di Locri i motivi che li hanno spinti ad uccidere l’uomo. Negli stessi attimi anche il fratello Vincenzo Cattolico, il giovane imprenditore edile accusato dell’assassinio di Marsiglia, si è costituito presso la caserma dei carabinieri di via Garibaldi e , dopo le formalità di rito, è stato trasferito presso la casa circondariale di Locri presso la quale, nelle prossime ore, verrà sentito dal sostituto procuratore Debora Rizza che ha firmato il decreto di fermo. La stessa scelta che, nella nottata di giovedì, era stata effettuata anche dal fratello Alessandro. Le attenzioni degli investigatori del Gruppo Locri dell’Arma, diretti dal colonnello Giuseppe De Liso, si erano concentrate sui due fratelli sin da subito.
Le intercettazioni telefoniche ed i primi riscontri della Sezione investigazioni scientifiche, poi, hanno consentito di risolvere il rebus investigativo in poche ore. Dietro l’omicidio di Pietro Marsiglia, 66enne di Locri ritenuto vicino alla cosca Cordì, di sarebbero le diatribe nate fra l’uomo ed i due giovani muratori. Liti sfociate anche in aggressioni fisiche che, avrebbero armato la mano di Vincenzo e Alessandro Cattolico. Pietro Marsiglia, infatti, è stato ucciso al culmine dell’ennesimo alterco, ferito a morte dai colpi di una pistola calibro 22. L’arma non è stata ancora ritrovata, ma i carabinieri, anche in questo caso, sarebbero sulla pista giusta. Ora si attende la decisione del gip del tribunale di Locri sulla convalida dei fermi.
«Pensavo di essere un mezzo avvocato e invece sono un mezzo delinquente», è stato il commento di Vincenzo Cattolico ai familiari e al legale prima di varcare la soglia degli uffici del Nucleo investigativo dell’Arma per le formalità di rito. Insieme a lui anche il padre Michele che per i figli ha avuto parole di raccomandazione e fiducia: «Dite la verità, solo quella vi può essere d’aiuto».
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