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La Procura attacca i patrimoni dei Pesce e delle famiglie collegate al clan di Rosarno. Ieri l’ingente sequestro di beni del valore di 18 milioni di euro, in parte, patrimoni già posti sotto sigillo e successivamente tornati nelle mani di personaggi considerati vicino alla ‘ndrangheta. Fiamme gialle e carabinieri hanno proceduto al blocco preventivo di due società sportive, terreni, immobili, attività commerciali e aziende di trasporto. Un’operazione che ha ripercussioni dirette anche rispetto alla ricerca dei latitanti che fanno riferimento al clan, nomi «pesanti», come quelli di Marcello Pesce, detto «U Ballerinu»; Giuseppe Pesce, 31 anni, e Roberto Matalone, 34 anni, rispettivamente figlio ed il genero del capocosca Antonino Pesce, e poi c’è Domenico Arena, 57 anni, cognato di Vincenzo Pesce detto «U Pacciu», irreperibile dal 20 settembre scorso, quando era stato condannato alla pena di 10 anni di reclusione. «C’è ancora da lavorare, e quello di oggi non è certamente il primo provvedimento di misure di prevenzione a carico della cosca Pesce di Rosarno» ha detto ieri il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Michele Prestipino, incontrando i giornalisti nella sede del comando provinciale della Guardia di Finanza.
«Questa misura di prevenzione – ha aggiunto – dà il senso di quanto sia esteso, vasto, sul territorio, il potere di condizionamento di una delle cosche della ‘ndrangheta più potenti in Calabria e fuori dalla regione. Dai trasporti, al commercio di prodotti ortofrutticoli; dagli immobili, soprattutto terreni agricoli, fino all’acquisto di società calcistiche. Un affare apparentemente poco interessante per una cosca della ‘ndrangheta, ma utilissima per costruire consenso sociale attorno all’associazione criminale».
«Sotto il profilo più operativo delle indagini – ha concluso l’aggiunto della Procura di Reggio – l’azione congiunta del Comando provinciale dei carabinieri e le verifiche approfondite della Guardia di finanza, hanno enucleato una conclusione unitaria che ha permesso alla Dda ed al Tribunale-Misure di prevenzione di richiedere il provvedimento di sequestro dei beni. Voglio ancora ricordare che su questo ennesimo provvedimento hanno pesato le dichiarazione della collaboratrice di giustizia, Giuseppina Pesce».

LA ‘NDRANGHETA E IL CALCIO
E’ il secondo colpo della magistratura nei confronti dell’Interpiana Calcio, la società del presidente Enzo Condomitti, che già lo scorso mese di aprile era stata sequestrata dalle “fiamme gialle” nell’ambito dell’operazione denominata “All Clean”. Ieri mattina la Guardia di Finanza ha nuovamente sequestrato la società militante nel girone I del campionato di Serie D. Secondo gli inquirenti, l’Interpiana Calcio sarebbe una società sportiva nelle disponibilità della consorteria rosarnese.
E nonostante il dissequestro avvenuto qualche tempo dopo, adesso, a margine della condanna degli esponenti del clan, un ulteriore provvedimento nei confronti del sodalizio cittanovese. E pensare che a più riprese il presidente della squadra pianigiana aveva voluto ribadire la sua estraneità (e quella dei soci dell’Interpiana) da contesti mafiosi. Infatti subito dopo la sentenza, lo scorso 21 settembre il patron Condomitti si era premurato di diramare un comunicato ufficiale all’interno del quale affermava con forza che «la squadra è nostra, prelevata da me, con un gruppo di imprenditori che hanno solamente voglia di fare calcio, con un progetto serio ed importante che non prevede solamente la prima squadra ma anche la creazione di un settore giovanile importante che vada a far crescere i giovani della Piana di Gioia Tauro. Non abbiamo niente a che spartire con altre situazioni. Questo lo posso, in ogni modo, confermare. Anche davanti ai giudici. Sono convinto, inoltre, che continueremo a fare il nostro campionato senza che nessuno blocchi la nostra squadra». L’Interpiana dunque, si trova ad affrontare l’ennesimo momento difficile della sua pur breve storia. La squadra, infatti, nacque nel giugno del 2010, con il titolo sportivo che fu prelevato dall’allora A.S. Rosarno (il cui presidente era Mimmo Varrà, finito in manette nell’ambito della stessa operazione), la squadra di calcio che bene aveva figurato per alcune stagioni nel massimo torneo dilettantistico. Per la magistratura, però, la nascita dell’Interpiana rappresenta una sorta di “continuum” con la passata gestione. Il presidente Condomitti, però, nonostante questo, più volte ha ribadito che il progetto calcistico intrapreso lo scorso anno è tutt’altra cosa rispetto a ciò che pensano i magistrati. E che, soprattutto, lui non è un «presunto prestanome» della cosca Pesce. Ma la magistratura, evidentemente, non la pensa così.

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