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Le indagini patrimoniali del Gico della Guardia di Finanza, si sono avvalse delle indicazioni fornite dalla collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce (in foto), figlia del boss della cosca Salvatore. Con il sequestro di oggi al clan Pesce di Rosarno, di beni per un valore di 18 milioni di euro, si stringe anche il cerchio intorno ai latitanti della cosca, hanno spiegato gli inquirenti, e nella lista dei ricercati spiccano nomi «pesanti», come quelli di Marcello Pesce, detto «U Ballerinu»; Giuseppe Pesce 31 anni e Roberto Matalone, 34 anni, rispettivamente figlio ed il genero del capocosca Antonino Pesce, e Domenico Arena, 57 anni, cognato di Vincenzo Pesce detto «U Pacciu», irreperibile dal 20 settembre scorso, quando era stato condannato alla pena di 10 anni di reclusione.
Alcuni dei sequestri in corso di esecuzione sono la prima e diretta conseguenza della sentenza, pronunciata il 20 settembre dal GUP del Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti della potente cosca di ‘ndrangheta operativa nella Piana di Gioia Tauro, con importanti propaggini in tutto il Nord Italia e, in particolare, in Lombardia.
Guardia di Finanza e Carabinieri, il 21 e il 29 aprile ed il 5 maggio scorsi, avevano già inferto un durissimo colpo alla cosca, con l’operazione All Clean, sottraendole importanti attività commerciali, beni immobili, beni mobili e disponibilità finanziarie, per un valore di circa 210 milioni di euro, che formavano l’illecito «impero economico» dei Pesce
Il recente giudizio con rito abbreviato, pronunciato nel settembre scorso dal Gup del Tribunale di Reggio Calabria, nei confronti di 11 affiliati al clan, ha lanciato un importante e ulteriore segnale della reazione della società civile alle minacce della criminalità organizzata in Calabria.
Nell’ambito del dispositivo, infatti, oltre alle pesantissime condanne personali, il giudice ha posto una vera e propria pietra miliare nella storia del contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso, condannando gli imputati anche al pagamento di una somma di 50 milioni di euro a titolo di risarcimento per i cittadini del Comune di Rosarno, vittime per decenni delle angherie e dell’arrogante prepotenza della cosca.
Risarcimenti, per 10 milioni di euro ciascuno, sono stati riconosciuti anche alla Regione Calabria ed al Ministero dell’Interno. Nei confronti di Francesco Pesce, 33 anni, detto «Ciccio Testuni», recentemente stanato nel suo bunker sotterraneo dai Carabinieri di Reggio Calabria, inoltre, è in corso di esecuzione un decreto del Tribunale di Reggio Calabria Sezione Misure di Prevenzione, emesso nei confronti di Domenico Arena, irreperibile dalla data di emissione della sentenza.
Il numero dei beni sequestrati è di rilievo. Si tratta, infatti, di 8 imprese, con tutto il loro patrimonio aziendale, operanti principalmente nel settore dei trasporti, in quello agrumicolo e nel commercio; alle attività commerciali, vanno poi aggiunti i beni mobili, immobili e le disponibilità finanziarie. Domenico Arena, secondo quanto riferito, era particolarmente attivo nel settore dei trasporti (con l’imposizione dei mezzi di trasporto) e della distribuzione, al punto da causare un scontro in seno al clan tra il cognato Vincenzo Pesce, interprete più autentico, secondo gli inquirenti, della ‘ndrangheta tradizionale, ed Francesco Pesce, 33 anni, oggi in carcere.
Tra i beni sequestrati al clan nel corso dell’operazione, denominata “All Clean 2», anche una squadra di calcio dilettantistico che milita in serie D, l’Interpiana di Cittanova, ed una società sportiva; e ancora quattro ditte operanti nel settore agrumicolo, della vendita al dettaglio di frutta e verdura e per la lavorazione e conservazione di prodotti ortofrutticoli; una società di autotrasporti; un discount; due fabbricati, otto terreni coltivati ad agrumeti, vigneti ed uliveti nel vibonese, a Rosarno ed a Candidoni; altri cinque terreni coltivati sempre a agrumeti, vigneti ed uliveti a Laureana di Borrello; due autocarri e tre auto.

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