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di PAOLA RIZZUTO
I giuristi cattolici hanno partecipato con viva devozione alla visita pastorale di Benedetto XVI, il primo Papa che dopo 890 anni si è recato a Lamezia Terme, prima di lui, infatti, venne in questi stessi luoghi Calisto II, correva l’anno 1121. Due sono i momenti che rimarranno incisi nella memoria della storica giornata vissuta: il parallelismo molto pregnante con le caratteristiche geo-morfologiche di questa nostra terra di Calabria e la riflessione sull’”abito nuziale” della prima lettura della liturgia, tratta dal libro di Isaia del banchetto di Dio. Benedetto XVI è immediato e diretto, quando con un’immagine che è veramente esemplificativa di un concetto dice: “(.) Questa bella regione è una terra sismica non solo dal punto di vista geologico, ma anche strutturale, comportamentale e sociale”. Ebbene, è proprio vero. La storia della Calabria è una storia lunga, molto più lunga di quanto si possa immaginare, di grandi e piccoli terremoti. Catastrofi improvvise e catastrofi parzialmente annunciate (e non solo in senso fisico, ma anche metaforico!), lo sanno bene gli oltre mille geologi calabresi che hanno una profonda conoscenza della terra sulla quale camminano ogni giorno, totalmente a rischio sismico ed idrogeologico. Un territorio fragile, con uno spaventoso livello di sismicità, oggi ben accertato da ricerche sempre più specialistiche e dettagliate, soggetto pure a smottamenti ed a frane, donde il suo risanamento idro-geologico è quanto mai urgente se non si vuole assistere ad ulteriori devastazioni. La tragedia, quindi, spesso assume sfumature di facile previsione e di altrettanta semplice prevenzione con il monitoraggio dei dissesti, uscendo fuori, anzi superando la logica dell’emergenza che comunque miete vittime e dispensa tristezza e pessimismo. Ebbene, questa relazione simbolica, tratteggia sinteticamente questa forte propensione della nostra Calabria, invece, a gestire continuamente secondo una logica di emergenza i problemi dai quali è devastata: disoccupazione e criminalità, appunto, che qui “(.) si presentano sempre in forma acuta e destabilizzante”, commenta, infatti, il Papa che parla di tessuto sociale ferito da tanta efferatezza. Si interviene solo nel momento in cui il danno è prodotto! Come dire, se nella zonazione sismica di un territorio, un’area viene considerata sismica solo all’indomani del terremoto che l’ha sconvolta, forse qualche problema nel modus operandi c’è. Ovvero, per restare in tema di parallelismi allegorici (e poi non così tanto, sic !), il pensiero corre ai rischi sismici o da dissesto e condoni e permessi edilizi . Ma il messaggio del Sommo Pontefice è di speranza e solidarietà, confidando nelle caratteristiche del popolo calabrese, quello di saper resistere alle difficoltà e di grande fierezza. Certo, la storia della Calabria è poco invidiabile, esattamente come la sua storia sismica, è una terra ricca di problemi e contraddizioni, ma auspicando ad una nuova generazione di uomini e donne, Benedetto XVI lancia il suo messaggio di rinascita. L’attesa riposta nelle nuove generazioni, testimoni di valori umani e cristiani, è la grande occasione per la riscoperta di una nuova socialità, di una nuova economia, di una nuova politica, di un nuovo modo di fare impresa, di svolgere le professioni, con la lettera maiuscola, riscoprendo valori e certezze di cui poter avere memoria. Ecco quindi il secondo messaggio, c’è una condizione per restare al banchetto di nozze di cui si è data lettura durante la liturgia: indossare l’abito nuziale. “(.) Vorrei fermarmi un momento su questo punto con una domanda” – dice Ratznger – “ (.) Cos’è quest’abito nuziale?” “(.) la veste nuziale, che è la carità, l’amore. (.) E questa veste è intessuta simbolicamente di due legni, uno in alto e l’altro in basso: l’amore di Dio e l’amore del prossimo”. Indossare e custodire l’abito nuziale, significa dunque, avere la carità e vivere un profondo amore verso Dio e verso il prossimo. Ma la mente, nel pomeriggio della splendida giornata trascorsa, quando il Papa raggiunge la Certosa di San Bruno ed incontra la comunità monastica ed il Priore Jacques Dupont, altra grande figura carismatica donata a questa nostra aspra terra, è pronta ad accogliere un altro grande messaggio del Successore di Pietro come roccia sicura da cui far ripartire la speranza, per rimanere nell’allegoria: “ (.) Alcune persone non sono più capaci di rimanere a lungo in silenzio ed in solitudine”. Il silenzio è “un dono prezioso per la Chiesa e per il mondo” di fronte al progresso che se è vero ha reso la vita più confortevole, nel contempo, però, l’ha resa anche più convulsa, generando un’epoca in cui “la virtualità rischia di dominare sulla realtà”. Ebbene, raccontare del silenzio è un altro invito e messaggio di cambiamento. Basta ai riflettori sempre puntati su ogni gesto, ogni attenzione, ogni atto di Amore e Carità verso il prossimo, che li trasformano in momento mediatico e di promozione di sé. Lottare per il cambiamento, per la giustizia, per la verità, in una terra così difficile, è atto di Amore e Carità verso il prossimo che deve passare necessariamente per una battaglia sinergica e ben organizzata, niente più improvvisazioni od attesa di tragici eventi per mostrarsi partecipi ed interventisti, niente più propaganda di cultura della legalità da parata, niente più campagne anti ‘ndrangheta se persiste, in effetti, nei comportamenti e nelle alleanze con soggetti ”borderline” o dalla dubbia moralità, la mentalità mafiosa, se si cede alla narcisistica esibizione di sé, pur di arrivare a rivestire un ruolo, piuttosto che alla ricerca riservata e più attenta, forse più prudente, di come poter sostenere ‘il bisogno’. La solidarietà al prossimo bisognoso, infatti, non ha mai lustri o vetrine, né trova gratificazione nelle feste sotto un cielo che non è esattamente stellato per chi soffre, contesti che hanno il sapore dell’autocelebrazione piuttosto che della comprensione reale del bisogno, dimenticando, forse, in una mentalità consumistica e mondana, che così si è in realtà molto lontani dal silenzio e dal garbato riservo con cui è doveroso porgersi agli ammalati od alle persone che vivono un disagio per comprenderne il percorso di sofferenza. Solidarietà è elegante e silente cammino di condivisione e rispetto dell’altro. E’ supporto e sostegno nella difficoltà e nel bisogno, avendo il coraggio di partecipare alla lotta dell’altro, senza timore di risultare impopolare in un’epoca in cui trovano risalto ed apprezzamento soltanto i toni elevati e la comunicazione di massa il più delle volte dal contenuto approssimativo, polemico o semplicemente banale. Non basta fare l’elemosina per essere caritatevoli. La carità è innanzi tutto un abito mentale che non conosce ipocrisie, che non approfitta della fragilità altrui per il soddisfacimento di propri egoismi e superficiali ritorni di immagine. Il silenzio, quindi, come linguaggio primo della meditazione che genera empatia per lo sviluppo di una umanità migliore, di quella nuova generazione sì tanto auspicata! Tutto questo deve diventare dovere morale per chi riveste una veste pubblica, sia essa politica, istituzionale, di categoria o di semplice associazionismo. Queste le orme che ci impegniamo come Giuristi cattolici di seguire accogliendo i moniti del Papa. L’omelia di Papa Benedetto XVI si conclude così: “Amata Calabria”, ebbene, mostrare Amore per questa nostra terra, passa per il coraggio delle proprie azioni di andare oltre logiche omertose e/o di sistema, assumendo come regola prima che quel che accade, non accade per caso o solo agli altri!

*vicepresidente Giuristi Cattolici

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