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Un’ispezione di funzionari ed esperti del Ministero dell’Ambiente, coordinata dal direttore della Direzione Generale per le Valutazioni Ambientali, al termodistruttore Fenice e all’area interessata; un’ispezione coordinata dal direttore degli Affari Generali del Ministero presso la sede Arpab di Potenza: sono le richieste che il sen. Egidio Digilio, coordinatore regionale di Fli, ha presentato al Ministro all’Ambiente, Stefania Prestigiacomo.

Il parlamentare ha sottolineato che «dopo l’impegno che il Ministro ha assunto ieri in una trasmissione televisiva per costringere il colosso Edf ad effettuare la bonifica dei terreni e annunciando la volontà di esercitare le funzioni di controllo che competono al Ministero, per passare dalle parole ai fatti – ha sottolineato Digilio – è necessario che Prestigiacomo invii ispettori presso Fenice. L’intera vicenda ha dimostrato sinora la più completa incapacità della Regione e della Provincia di Potenza a gestire una situazione che continua, giustamente, ad allarmare le popolazioni locali e quelle dell’intera regione. Ho chiesto che si svolga un’ispezione anche nella sede di Potenza dell’Arpab perchè si verifichi l’operato della direzione e degli uffici in merito all’attività svolta per Fenice». Secondo Digilio, «ci sono troppi aspetti oscuri, emersi pubblicamente nella seduta del Consiglio regionale dedicata alla questione, e che continuano ad emergere attraverso i giornali regionali, siti web di informazione locale, note e prese di posizione di Comitati di cittadini, per pensare che non si debba dare conto dell’operato tecnico-amministrativo dell’Arpab. Le ispezioni che ho richiesto serviranno a stabilire con esattezza dove finiscono responsabilità tecniche ed amministrative e dove cominciano quelle politiche che nessuno dovrebbe coprire. Altra cosa è chiedere alla magistratura di intensificare l’attività di indagine cominciata negli anni passati, in quanto – ha concluso – la politica non dovrebbe mai rinunciare alla propria responsabilità ed in proposito ritengo positivo il ricorso ad una Commissione di indagine del Consiglio regionale».

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