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di PARIDE LEPORACE Quando i carabinieri bussano alla porta dei presunti responsabili con il provvedimento di cattura la frittata è fatta. Questa è la prima verità che emerge all’indomani dell’arresto di massimi dirigenti dell’Arpab coinvolti nelle vicende di Fenice. Per stare ai fatti, gravissimi nella loro specificità, abbiamo un docente universitario, il professor Fracassi, che all’autorità giudiziaria riferisce che la contaminazione della falda acquifera sarebbe provata già da diversi anni e che dalla documentazione studiata le omissioni dell’Arpab e di Fenice sono evidenti.
Il sostituto procuratore, titolare dell’indagine, è persona equilibrata, su cui non gravano sospetti di protagonismo. Insieme ai carabinieri ha condotto un’inchiesta molto rigorosa e utile alla collettività esercitando un’evidente azione di supplenza nei confronti della politica che ha gravi mancanze da spiegare. Questa vicenda è la peggiore macchia nera che si sia mai registrata nella storia del governo della Basilicata. Una bomba ecologica è stata fatta esplodere nel nome del profitto e del peggiore colonialismo economico ai danni della popolazione del Vulture. E ad oggi né l’Arpab, né i tecnici sono in grado di poter assicurare se le acque usate in agricoltura contengano sostanze nocive. Sul fronte della magistratura, se mai, va segnalato, che alla procura di Melfi, le decisioni sono state troppo lente e che alcuni dati andavano diffusi con più tempestività.
Come Quotidiano sentiamo di aver svolto il nostro ruolo con equilibrio. Abbiamo denunciato per tempo un clima clientelare che ha sovrastato l’Arpab per lungo tempo. Abbiamo cercato di dipanare una nauseabonda matassa non negando spazi e parole al principale imputato, il dottor Sigillito, che non può essere l’unico capro espiatorio di questa sporca vicenda. Siamo stati attenti a valutare la fondatezza delle denunce e spesso abbiamo contribuito ad accertare qualche scomoda verità. Ci spetta dar merito al radicale Maurizo Bolognetti per aver visto giusto dall’inizio e per aver svolto in solitudine un egregio lavoro, tra l’altro testimoniato da numerose insofferenti dichiarazioni contenute negli atti giudiziari che riguardano gli indagati.
Sappiamo che esiste presunzione d’innocenza e come sempre ne difendiamo valore e struttura. Ma alcune verità sono inoppugnabili. Per lunghi anni la catena di comando del controllo della rete di monitoraggio non ha funzionato. Se vanno accertate con zelo le responsabilità personali, non possiamo non denunciare che la politica al potere dal 2001 ad oggi, ma anche quella che doveva controllare dall’opposizione, ha consentito che l’Arpab fosse solo un centro clientelare che ha gestito assunzioni e persino favori sessuali a leggere la prosa giudiziaria. C’è però qualcosa che stride nei provvedimenti adottati. Coloro che hanno inquinato consapevolmente se la cavano a buon mercato. Solo provvedimenti di sospensione per i dirigenti Edf. Non sono forse costoro quelli che hanno pianificato l’avvelenamento della popolazione e che hanno provocato un disastro ambientale ai danni di una terra che merita rispetto e tutela? E’ finito il tempo dell’attesa. Fenice va chiusa subito e i terreni bonificati con i denari di Edf. La politica non può essere pavida nel temere che Sata trasferisca la produzione altrove a fronte di questa emergenza ambientale. E attorno a questo ruota anche l’incapacità nel sapere gestire il problema dei rifiuti in una piccola regione a bassa densità antropica. Non sapendo dove costruire un’alternativa, nulla per lor signori deve cambiare. E probabilmente bisogna continuare a morire.
Su questi fatti il consiglio regionale di Basilicata ha istituito una commissione d’inchiesta. Ebbene, alla luce di una rigorosa inchiesta giudiziaria, è questo un organismo inutile e pletorico che non ha ragione di essere istituito.
E’ utile, invece, dare corso a delle dimissioni preventive. Si metta in discussione la politica responsabile. Esiste anche il tempo di fermarsi. De Filippo, se vuole essere conseguente a quanto sostiene per un nuovo senso comune regionale sul petrolio, sostituisca l’assessore all’ambiente, Agatino Mancusi, che non ha avuto la capacità di chiudere immediatamente l’impianto e provvedere ad una diversa gestione dei rifiuti. E poi si aggiunge anche la questione morale. L’assessore Erminio Restaino è indagato per un troncone parallelo d’indagine e sarà presto sentito dal magistrato. In una dichiarazione molto berlusconiana Restaino si ritiene estraneo alle questioni ambientali ed esprime fiducia nell’operato delle indagini. Che è bene ricordare, nei suoi confronti procedono per essere a capo di una corrente politica che è sospettata di aver posto in atto “un’azione di occultamento delle emergenze ambientali in essere nella Regione con sviamento e mortificazione dei compiti istituzionali di garanzia e controllo dell’Arpab ed avviava una politica di reclutamento ed assunzione del personale a scopi meramente clientelari”. Può darsi che si tratti di un teorema o un sillogismo costruito attorno a Sigillito, ma facciamo osservare che Penati si è sospeso degli incarichi per accuse meno gravi di quelle scritte dal pm Colella. Anche in questo caso un passo indietro sarebbe utile e giusto, finchè non si accertino le responsabilità di un assessore non estraneo alle vicende. E se Sigillito, è accusato di essere al centro di una determinata corrente politica del Pd, non ci sfugge che anche il suo collaboratore-antagonista Bove, è un ras locale del Pd, ma di corrente diversa, che ha ricevuto l’amorale solidarietà della sezione del suo paese. Buona prassi richiede che il segretario Speranza sospenda subito il dirigente arrestato evidenziando tutta la diversità che spetta al partito bersaniano. La politica ha molto da fare per non dare spazio ai Savonarola e ai Torquemada improvvisati. La smetta anche il senatore Belisario con la politica dei due forni reclamando al ministro Prestigiacomo provvedimenti che il suo assessore provinciale Macchia non ha il coraggio di adottare. Moschettieri del Pd, sinistra dispersa, responsabili di Centro, falchi del Pdl, futuristi allo sbaraglio escano dalla palude e dicano parole chiare sul da farsi. Non si può essere sempre subalterni agl’interessi di parte. A Melfi è calata una brutta macchia nera. Lavarla sarà molto difficile.

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