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POTENZA – Era finito in un brutto giro Quirino Guarino. Molto brutto. All’epoca era l’amministratore della ditta Sud Appalti. Una piccola impresa a confronto di quella del fratello Carmine Guarino. La loro era una famiglia di imprenditori potentini di successo, poi per strada hanno incontrato le persone sbagliate. Carmine Guarino si è visto alle strette e ha accusato Renato Martorano, che è stato condannato a 14 anni di carcere per usura aggravata dal metodo mafioso, mentre per i suoi finanziatori è ancora in corso un dibattimento davanti al Tribunale di Potenza. Poi è venuto il turno di Quirino. Anche lui ha vuotato il sacco con la polizia e adesso in 18 rischiano di andare alla sbarra per usura e spaccio di droga.
Gli avvisi di garanzia sono in viaggio in queste ore. Tra i destinatari ci sono molti nomi già letti sulle cronache giudiziarie. Il primo è Giovanni Quaratino, considerato al vertice dell’omonimo clan Martorano-Quaratino. È accusato di usura aggravata dal metodo mafioso perchè a fronte di un prestito di 300mila euro in meno di dieci anni ne avrebbe incassati 800mila, tra contanti, lavori nella sua abitazione e varie regalie. Avrebbe anche minacciato Guarino con una pistola dicendogli che «se l’avesse ammazzato al massimo si sarebbe fatto cinque anni di carcere».
Poi c’è Antonio Sciarra di Palazzo San Gervasio, condannato per usura a ottobre dell’anno scorso a 7 anni di carcere dopo il sequestro di quasi due milioni di euro tra appartamenti e locali commerciali sull’isola di Tenerife. Anche Sciarra avrebbe prestato soldi a Guarino al tasso del 12% al mese, mentre per Donato Tricarico, di Potenza, e il vietrese Vito Papa il tasso d’interesse era del 10%. Per Papa la situazione è un po’ più complessa perchè sembra che il suo nome anni fa fosse rimasto nell’ombra e domani potrebbe essere inserito con quello di Renato Martorano, Gennaro Viggiano e Dorino Stefanutti tra gli imputati di un processo arrivato nel frattempo alle ultime battute davanti al Tribunale di Potenza, sempre per usura ai danni di Quirino Guarino, che con le sue dichiarazioni potrebbe dare la carta decisiva nelle mani dell’accusa.
Ma Quirino Guarino ha parlato anche di droga chiamando in causa gli uomini dell’altro clan che per anni ha spadroneggiato nel capoluogo, la ‘ndrina capeggiata da Antonio Cossidente il boss pentito della calciopoli rossoblù, che ha confessato di essere stato il mandante del duplice omicidio Gianfredi e l’organizzatore di quasi tutte le rapine messe a segno dai basilischi negli anni ‘90. Cossidente, il suo autista Alessio Telesca, collaboratore di giustizia a sua volta, e Giovanni Lottino, tutti di Potenza, sono accusati di aver fornito cocaina a Guarino per almeno cinque anni di fila, tra i 10 e i 50 grammi al mese. Idem per Nicola Nolè, e il duo composto da Vincenzo Perales e Vincenzo Sangregorio, condannati tra l’altro a 18 e 24 anni di prigione per l’omicidio di Vincenzo Rendina, nel 2004, un ristoratore di Muro Lucano che avrebbe avuto un debito con loro di pochi euro per un assegno da ripulire. Nolè, Perales, Sangregorio, Fulvio Simone e Angelo Filadelfia di Avigliano avrebbero spacciato non più di 5/10 grammi di coca alla volta rifornendosi ad Agropoli da un tale Alessandro Romano. Per pippare la banda avrebbe avuto una tana in via Vincenzo De Paoli messa a disposizione da uno del giro, Nicola D’Oronzo, che lavorava per la ditta di Guarino. Tutti amici? Altrochè. Quando c’era da riscuotere i soldi per la roba Fulvio e Perales non sarebbero andati tanto per il sottile.
Guarino ha raccontato agli investigatori dell’antimafia anche la vera storia del furto subito nel 2005 sul cantiere della sua ditta a Castelmezzano lungo la Basentana. Una notte D’Oronzo, che era il capocantiere, Vincenzo Calabrese e Luciano Varrese, tutti nomi noti alle forze dell’ordine, avrebbero portato via materiali vari per 5mila euro. Nel trasporto Calabrese si sarebbe ferito alla mano e lo avrebbero dovuto trasportare in ospedale per farlo medicare dicendo che s’ era fatto male sul lavoro. D’Oronzo invece il giorno dopo avrebbe chiamato i carabinieri per denunciare l’accaduto e adesso entrambi, sia D’Oronzo che Calabrese sono accusati anche di falso.
Infine c’è una storia familiare che è quella tra Quirino Guarino e Marilena, figlia di Giovanni Quaratino. Dopo una lunga relazione sentimentale Guarino l’ha accusata di molestie, diffamazione e minacce. Lei a un certo punto gli avrebbe dato del tossico quando per gli investigatori Guarino aveva già smesso, e lei doveva saperlo. Un’avviso di garanzia è stato preparato anche per lei.
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