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La costituzione di parte civile di Libera, l’Associazione contro tutte le mafie, Libera, è stata ammessa dal gup di Reggio Calabria nel processo contro alcuni presunti affiliati alle cosche della città coinvolti nell’operazione Meta.
«Per Reggio e l’intera Calabria – è scritto in una nota dell’associazione – il riconoscimento della presenza dell’Associazione nelle aule di giustizia in cui si processano i principali responsabili del sistema di violenza e intimidazione che condiziona la vita civile e democratica di tutti i cittadini, è anche la naturale prosecuzione delle iniziative che Libera promuove nel territorio, in speciale modo accanto ai familiari delle vittime, nelle scuole e nelle università, con le chiese, con le associazioni».
«Il risultato ottenuto – afferma Libera – assume particolare rilevanza per l’esperienza antiracket avviata lo scorso anno, ‘ReggioLiberaReggio, la libertà non ha pizzò. Gli imprenditori che in questo territorio hanno scelto di opporsi alla criminalità organizzata aderendo alla campagna assieme ai cittadini impegnati a sostenere il consumo critico e responsabile, ricevono con questa ammissione di parte civile un forte segnale di concretezza e di giustizia».
«Per l’associazione Libera – conclude la nota – è una ulteriore assunzione di responsabilità a sostegno del cammino di liberazione da ogni mafia e violenza che istituzioni, organizzazioni sociali e semplici cittadini, tutti e ciascuno secondo il proprio ruolo, sono tenuti a perseguire con determinazione e costanza».
Intanto nell’ambito del processo con rito abbreviato, sono state chiesta dal pm della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, diciotto condanne a pene varianti dai 28 ai 6 anni di reclusione. Il pm ha chiesto la condanna a 28 anni per Pasquale Buda e Santo Le Pera; a 27 anni per Demetrio Condello; a 24 anni per Giuseppe Greco; a 22 anni per Domenico Barbieri; a 20 anni per Francesco Rodà; a 19 anni per Vitaliano Grillo Brancati; a 18 anni per Rocco Zito, Rocco Creazzo e Domenico Cambareri; a 10 anni per Antonino Cianci, Domenico Corsaro, Francesco Priore, Francesco Condello e Giandomenico Condello; a 6 anni per Domenico Francesco Condello, Salvatore Mazzitelli e Giovanni Canale. L’inchiesta Meta ha messo in luce i nuovi equilibri tra le cosche della ‘ndrangheta che negli anni ’80 avevano insanguinato Reggio Calabria dopo l’uccisione del boss Paolo De Stefano con l’accordo tra le cosche Condello-Imerti, da una parte, e De Stefano-Tegano-Libri, dall’altra, per spartirsi i proventi delle attività illecite, in particolare estorsioni, usura e accaparramento di appalti pubblici.

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