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I dubbi del presidente del consiglio comunale di Crotone, Arturo Crugliano Pantisano (in foto) sono molti: «Invece di cercare le responsabilità di Comune e Provincia di Crotone sul rilascio delle autorizzazioni ad Eni per la costruzione del nuovo pozzo per l’estrazione di metano a Capocolonna, bisogna volgere l’attenzione sull’operato del ministero, visto che ha fatto, praticamente, tutto da solo e sui pareri rilasciati, poi, ci sono molti dubbi».
«Il decreto 377/1988 – dice in merito Pantisano – stabilisce che la Via (ministeriale) è la procedura amministrativa di supporto all’autorità amministrativa (che è sempre il ministero all’Ambiente) deve individuare, descrivere e valutare l’impatto ambientale prodotto nell’attuazione del progetto (ma anche impatti antropici e socio economici). Ebbene, nel parere 422/2010 non vi è traccia ne della valutazione antropica ne degli impatti socio economici sul territorio, che a mio parere sono enormi e tali da pregiudicare la vita dell’intera popolazione».
E sulla necessità di appurare il reale impatto che avrà questa struttura, basta vedere cosa prevede il progetto dell’Eni. «La torre per la perforazione dei pozzi di gas metano – dice Pantisano – sarà installata in località Santo Spirito, subito dopo la discesa dell’Irto verso il promontorio Lacinio, sulla vecchia strada che portava un tempo al santuario della Vergine, a cento metri dalla scogliera che dà verso la città. L’obiettivo è la perforazione, l’allacciamento e la messa in produzione di un nuovo pozzo all’interno del Cluster C, uno dei tanti campi per il pompaggio del gas metano disseminati sul territorio». Le proporzioni di un possibile impatto ambientale di questa struttura, possono essere immaginate semplicemente prendendo in considerazione i numeri. «Il derrick, alto circa sessanta metri, sarà installato su una struttura di cemento armato di quattrocento metri quadrati. L’obiettivo minerario è raggiungere la formazione San Nicola, cioè la riserva principale di gas metano che si annida nei depositi di conglomerati e sabbie e tra le intercalazioni argillose e siltose dell’ambiente continentale e marino che corre sotto la nostra costa».
Pantisano evidenzia anche delle anomalie di tipo geografico – territoriali: «nel decreto ministeriale 398/2011 che autorizza i lavori a mio parere sono riportati solo dati molto generici sull’esatto posto della trivellazione. I tecnici dicono solo che l’area non ricade direttamente nell’area protetta e che il pozzo si trova nel suolo e non in mare. In realtà, a vedere bene gli elaborati progettuali di Eni – prosegue Pantsano – è vero l’esatto contrario. Dagli stessi elaborati, poi, si può dedurre come l’area in questione si trovi a due passi dal parco archeologico». Ritornando sempre al progetto presentato da Eni, «il punto di estrazione si trova in mare, ad una distanza di un chilometro e mezzo dal Cluster C. In un primo momento Eni – continua Pantisano – aveva pensato ad una perforazione in verticale off-shore, ma l’ipotesi è stata accantonata per la presenza dell’area marina protetta ‘Capo Rizzuto’ e del sito di interesse comunitario denominato ‘Fondali da Crotone a Capo Colonna’. La scelta è caduta su un pozzo direzionale, che dopo una perforazione di 350 metri in verticale, devierà in direzione Nord-Est, fino a quando non raggiungerà il gas metano ad una profondità di 1.810 metri, per estrarne 200.000 metri cubi standard al giorno».
In pratica, l’Eni anche se ha come ostacolo dell’Area marina protetta, lo supererà semplicemente passando al di sotto della stessa area.
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