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Si voleva incatenare davanti al Municipio di Rosarno (Rc) per manifestare l’innocenza del figlio, accusato di avere minacciato il sindaco Elisabetta Tripodi, ma è stata convinta dai parenti a desistere ed è tornata a casa. Protagonista della vicenda Giuseppina Buonarrivo, di 86, madre di Rocco Pesce (in foto), di 54 anni, indicato come il capo dell’ omonima cosca della ‘ndrangheta, detenuto nel carcere milanese di Opera, dove sta scontando una condanna all’ergastolo per omicidio, associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti, e raggiunto nelle scorse settimane da una nuova ordinanza di custodia cautelare per minacce nei confronti di un corpo politico o amministrativo per impedirne o per turbarne l’attività.
Pesce, in particolare, ha scritto, dal carcere, una lettera al Sindaco di Rosarno in cui, tra l’altro, esprimeva “rammarico e disappunto per il fatto che il Comune si è costituito parte civile nel procedimento penale a carico mio e della mia famiglia dato che da parte nostra non vi è stata alcuna azione penalizzante a danno delle istituzioni, dei commercianti e degli abitanti del comune di Rosarno. Ritengo, inoltre, di non avere recato alcun disturbo al quotidiano cittadino e, tanto meno, inquinato l’aria che respirate”».
DORIS LO MORO: “LA PROTESTA DELLA MADRE DEL BOSS NON CONVINCE”
La deputata del Pd, Doris Lo Moro, è intervenuta sul gesto di Giuseppina Buonarrivo, madre del boss Rocco Pesce, di protestare l’innocenza del figlio davanti al Municipio di Rosarno; gesto che, secondo la Lo Moro, «non convince». «Sembrerebbe – ha aggiunto – che i boss di ‘ndrangheta se non possono contare più sulla nuova generazione di donne, più propensa a mettere in discussione i vincoli familistici e a rompere il silenzio, possono contare ancora per le loro azioni ‘esternè sulle madri. Nei giorni scorsi la lettera di Angela Ferraro, madre di Giuseppina Pesce, oggi il gesto clamoroso della madre di Rocco Pesce. Colpisce tra l’altro che quest’ultima protesti l’innocenza del figlio accusato di aver minacciato il Sindaco di Rosarno con una lettera spedita dal carcere in cui sconta una condanna all’ergastolo per omicidio, associazione mafiosa e traffico di sostanze stupefacenti».
«L’episodio – ha sostenuto Doris Lo Moro – suscita due importanti riflessioni: la prima, il carcere duro, che il Pesce si è guadagnato per l’ultimo episodio di minacce ‘nei confronti di un corpo politico o amministrativo per impedirne o per turbarne l’attivita», è l’unica cosa che fa veramente paura ai boss; la seconda, il comportamento e il coraggio dei testimoni di giustizia, tra cui ci sono tante giovani donne, va tutelato in maniera più adeguata dallo Stato».
«Il ‘suicidio’ di Maria Concetta Cacciola e l’omicidio di Lea Garofalo – ha concluso la parlamentare – dovrebbero da questo punto di vista segnare un punto di non ritorno nella consapevolezza del problema. Ma sono ancora tanti i testimoni di giustizia che chiedono maggiore attenzione».
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