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«So che hai ricominciato a fare cocò. Ci stai rovinando tutti e stai rovinando te stessa ed i tuoi figli. Dio vede e provvede». Sono alcuni passi della lettera di due pagine che Rocco Palaia, marito della collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce (in foto), ha fatto pervenire alla moglie lo scorso 20 settembre dopo aver appreso l’intenzione della donna di riprendere a collaborare con i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. L’esistenza della missiva è venuta fuori ieri pomeriggio a Palmi nel corso dell’udienza del processo “All Inside”, quando il Pm Alessandra Cerreti ne ha chiesto l’acquisizione agli atti insieme ad altri documenti.
Un lettera che il pm ha definito «dal contenuto intimidatorio e minaccioso», in cui Palaia avrebbe anche avvertito la moglie di non potergli portare via il figlio maschio: «a lui ci devo pensare io», avrebbe scritto. Palaia, inoltre, avrebbe fatto riferimento alla richiesta di separazione avanzata dalla Pesce, affermando che lui non la vuole e che la moglie deve «smettere di parlarne». Secondo il pm, la lettera del marito della collaboratrice di giustizia, anch’egli detenuto ed imputato nel processo, sarebbe da associare a quella scritta poche settimane fa dal carcere milanese di Opera da Rocco Pesce in cui erano contenute minacce rivolte al sindaco di Rosarno, Elisabetta Tripodi. Le due lettere, sempre secondo il Pm della Dda reggina, sarebbero sintomo «di una strategia minatoria non tanto occulta» e simbolo delle «fortissime pressioni cui è sottoposta la collaboratrice di giustizia». La Cerreti ha inoltre chiesto al presidente del Tribunale giudicante, Concettina Epifanio (a latere i togati Anna Laura Ciollaro e Antonella Crea), l’acquisizione agli atti processuali dell’ordinanza di custodia cautelare successiva alla lettera del boss, la sentenza del Gup di Reggio Calabria nei confronti degli imputati coinvolti nell’operazione All Inside che hanno scelto il rito abbreviato, i verbali dei tre interrogatori cui è stata sottoposta Giuseppina Pesce e le tre lettere, scritte tra giugno ed agosto scorsi, in cui la donna riassume le motivazioni che l’avevano portata prima ad interrompere la collaborazione e poi a riprenderla. La Pesce ieri ha preso parte per la prima volta al processo in video collegamento dal carcere in cui si trova detenuta. Sulla proposta di acquisizione degli atti avanzata dalla Cerreti i giudici del tribunale palmese si pronunceranno nel corso della prossima udienza prevista per il 30 settembre prossimo. Ieri sono stati sentiti due militari del Gico della Guardia di Finanza di Catanzaro, il capitano Domenico Gatto e il maresciallo Antonio Donato, che hanno riferito in aula di un’informativa relativa ad indagini incentrate su alcune attività commerciali intestate a terzi ma riconducibili a Salvatore Pesce, padre di Giuseppina

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