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Difficoltà sul fronte dell’attività assistenziale in favore di circa 6.000 anziani e disabili non auto-sufficienti, emergono a causa della carenza di copertura di bilancio e la situazione si aggrava dato che le Asl territoriali della Calabria adottano uno schema di contratto difforme e ciò provoca effetti devastanti per anziani/disabili e famiglie interessate.
Di questo si è discusso nel corso dell’audizione della seconda commissione del Consiglio regionale della Calabria, presieduta dall’onorevole Franco Morelli, che ha ricevuto le associazioni di categoria Anaste, Uneba, Aris, Aiop, Agidae rappresentative delle strutture private accreditate, eroganti sul territorio regionale prestazioni sanitarie e sociosanitarie.
La gravissima crisi finanziaria delle aziende è determinata dal persistente inadempimento della Regione Calabria Settore Politiche Sociali, che, per carenza di copertura di bilancio, ha corrisposto, finora, dalle tre alle cinque delle ultime venti mensilità maturate. A ciò si aggiunge il comportamento delle aziende sanitarie provinciali che, per le prestazioni di riabilitazione estensiva extra-ospedaliera a ciclo diurno relative all’anno 2011, hanno adottato uno schema di contratto difforme da quello approvato con Decreto n. 44/2011 emanato dal presidente della Giunta Regionale in qualità di Commissario ad acta. Le associazioni di categoria hanno evidenziato l’impossibilità delle strutture di garantire la prosecuzione dell’attività assistenziale in favore di circa 6.000 anziani e disabili non auto-sufficienti, con inevitabili ripercussioni per il mantenimento dei livelli occupazionali per circa 6.000 lavoratori, che operano nel settore e che non percepiscono le loro spettanze già da 6 mesi.
Con voto unanime la Commissione ha approvato due mozioni da presentare al Consiglio regionale per la seduta del 19 settembre. La prima mozione riguarda una proposta che impegni la Giunta a reperire in tempi brevi circa a 15 milioni di euro, da assegnare al Fondo sociale regionale utili al pagamento di almeno 5-6 mensilità arretrate, sollecitando una soluzione definitiva con il reperimento delle risorse necessarie a coprire il fabbisogno del Settore Politiche Sociali della Regione Calabria. La seconda mozione riguarda l’interpretazione autentica degli artt. 17-18 LR 22/2007, in base alla quale i citati articoli non potranno trovare applicazione per le prestazioni di riabilitazione extra-ospedaliera a ciclo diurno, le quali, in quanto prestazioni sanitarie ex art. 26 L. 833/78, sono state dai LEA attribuite alla esclusiva competenza sanitaria.

TEMPI LUNGHI PER ECOGRAFIE, TAC e RISONANZE
Problemi legati ai servizi sanitari dunque in tutta la Calabria. Al Pugliese Ciaccio di Catanzaro, per un’ecografia all’addome la risposta è la seguente: «Torni a gennaio del prossimo anno». Ma le cose non cambiano neanche all’ospedale Annunziata di Cosenza dove per una mammografia l’appuntamento viene fissato addirittura per febbraio del prossimo anno. Stesso discorso all’ospedale di Vibo per una Moc, la misurazione della densitometria ossea, esame importante per gli anziani per il quale occorrono ben 180 giorni, così come per un ecodoppler. E per fare una ecografia in media, e secondo la tipologia, occorrono 70 giorni. La situazione non cambia neanche all’azienda “Bianchi – Melacrino – Morelli” di Reggio Calabria: 5 o 6 mesi per una mammografia e 3, 4 mesi per una ecografia. Anche per la risonanza magnetica nucleare, alla rachide dorsale con mezzo di contrasto, per esempio, l’appuntamento è fissato non prima del 4 gennaio dell’anno prossimo. L’elenco potrebbe allungarsi a dismisura ma quel che è certo è che le liste di attesa in Calabria diventano sempre più insostenibili per diversi esami specialistici, in particolar modo per quelli che riguardano la diagnostica per immagini. Ed i cittadini sono sempre più esasperati per una sanità pubblica che non riesce a smaltire in tempi accettabili tutti quegli esami diagnostici fondamentali per poter fare una diagnosi certa riguardo patologie importanti che hanno bisogno di essere aggredite per tempo.
Sull’argomento è intervenuto il governatore Scopelliti: «Sulla riduzione dei tempi di attesa è prevista una riunione a fine mese; Dobbiamo riuscire ad essere competitivi sotto questo punto di vista, non ci fermeremo nell’azione, nella ricerca e nella capacità di essere più vicini ai cittadini».
Ma l’esasperazione nei cittadini calabresi sale anche perché sono costretti a rivolgersi a strutture sanitarie private, pagando ovviamente di tasca propria, o a quelle poche strutture private accreditate con il servizio sanitario regionale. Quello che non si capisce è perché, di fronte ad una vera e propria emergenza, la Regione ha di fatto impedito a diverse strutture sanitarie private accreditate di radiologia medica, ma stranamente non a tutti, di continuare a svolgere un’attività portata avanti da circa 20 anni ed in alcuni casi oltre i 50. Per loro solo la possibilità di effettuare in regime di convenzione quegli esami tradizionali come le lastre, i raggi x, peraltro ormai avviatisi sul viale del tramonto rispetto ad esami più precisi e sofisticati riguardo la diagnostica per immagini. Strutture private che hanno consentito alla popolazione, fino a poco tempo addietro, di non subire liste d’attesa eccessive (superiori cioè a 60 giorni). E tutto questo a fronte di una legge regionale, la numero 24 del 2008, che chiarisce definitivamente la classificazione delle attività di diagnostica per immagini, che non sono ovviamente solo i raggi x, e che consente a tutte le strutture sanitarie private, già autorizzate ed accreditate, a continuare a svolgere questo tipo di esami senza alcuna modifica al budget regionale già determinato e senza aumenti di spesa. Una legge chiaramente disattesa dallo stesso Governo regionale, probabilmente a causa del piano di rientro.
Infine il paradosso della Pet, la modernissima tecnica di diagnostica per immagini, costosissima, che consente di monitorare le patologie tumorali. L’unica Pet pubblica esistente in Calabria si trova a Catanzaro, oltre a quella che dovrebbe arrivare a Reggio, assolutamente insufficiente per i bisogni di tutta la popolazione calabrese e oltretutto spesso non funzionante. La Regione Calabria rimborsa le strutture pubbliche e private di altre regioni per i tanti calabresi che si recano a fare questo tipo di analisi.

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