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POTENZA – Ma non è che dopo la sanità e la scuola si ha intenzione di privatizzare pure i Comuni? Questo timore, loro, i sindaci armati di fascia e tanta pazienza, spiegano di averlo sul serio. Come si spiega altrimenti la scure economica «drammatica» che rischia di far chiudere i municipi? Per adesso, la chiusura è solo una provocazione temporanea e simbolica, anche se l’impegno preso ieri a Potenza dai sindaci lucani, in corteo per aderire alla mobilitazione contro la manovra finanziaria varata dal parlamento, è quello di un «presidio permanente».
Appuntamento per tutti in piazza Matteotti per arrivare, qualche metro dopo, in piazza Mario Pagano, e consegnare al prefetto Luigi Riccio le deleghe in materia di Anagrafe e Stato civile. La scelta non è casuale: con le nuove norme che impongono la carta di identità anche ai bambini, «i nostri uffici – dicono – sono stati presi d’assalto». Raccolgono la solidarietà in presidio di diversi consiglieri regionali, esponenti politici e della Cgil. Si radunano dietro lo striscione, rinunciando alla maschera bianca sul volto, come ipotizzato in principio. «No, ci mettiamo la faccia».
La presenza, fanno notare, è bipartisan (anche se nel centrodestra c’è qualche defezione in più). «Sono qui in veste istituzionale – dice Valeria Russillo, sindaco di Picerno, comune targato centrodestra – Sono d’accordo sul bisogno di razionalizzazione della spesa, ma credo che questa manovra contenga alcuni eccessi che vanno modificati». Come tanti altri colleghi è in prima fila dietro allo striscione perchè crede «che gli enti locali siano la vera ricchezza del Paese».
Procedono stretti, cantando l’inno nazionale e sillabando lo slogan di piazza. «Sen-za-co-mu-ni-non-c’è-fu-tu-ro». Qualche passante borbotta, «trovate una fatica seria». Non ci fanno caso. «Vorremmo far capire che se stiamo protestando, è per i nostri cittadini». La manovra è così dura che le loro amministrazioni – tutte – saranno costrette a eliminare servizi (anche quelli imposti dalla Costituzione) e alzare le tasse. Altri cittadini inseguono un po’ spaesati Mameli, fino a quando lo sguardo li perde, ché il corteo si è già sciolto lungo le scale del palazzo del Governo. Il caso vuole che Riccio li riceva nell’aula consiliare della Provincia, altro ente a rischio chiusura.
Raccontano dei servizi a cui non possono più fare fronte (mense, trasporto scolastico, servizi sociali). Raccontano di un’esperienza che forse, anni fa, nessuno avrebbe previsto farsi così complicata. Che responsabilità quella fascia.
Hanno racchiuso in un documento le richieste che, tramite il prefetto, sperano possano arrivare a Roma (analoga iniziativa è stata svolta in altre città del Paese). Il patto di stabilità è diventato il cruccio dei crucci: per le norme stringenti sui bilanci che la manovra estende ora anche ai piccoli comuni, i Municipi finiscono con non poter erogare anche i fondi disponibili. E che dire dell’assoluta assenza di autonomia gestionale: non possono fare assunzioni, né licenziare se il personale e i dirigenti sono in eccesso.
«Sappiamo bene che anche i Comuni sono chiamati a risparmiare, ma sappiamo anche – fa notare il presidente dell’Anci Basilicata, Vito Santarsiero – che negli ultimi anni il comparto dei Comuni ha dato allo Stato 3 miliardi di euro, senza produrre più debito da molto». Ecco il timore della «privatizzazione». Peccato, dice, «perché l’Italia è cresciuta quando si è puntato sugli enti locali». Ma oggi, quel titolo V della Costituzione modificato già tempo fa, «non è ancora del tutto attuato».
Nei comuni diradati delle montagne lucane, non si sta poi molto meglio. Senatro Vivoli è il sindaco di Missanello e di ragioni per protestare ne ha più di qualcuna. «Ma quali alchimie finanziarie potremo mai fare?». Lì, in quel centro della Val d’Agri sono persino arrivati a chiudere una scuola media. «Non ci siamo attaccati a un vessilo. Abbiamo parlato con i genitori e fatto comprendere che i ragazzi avrebbero avuto una formazione migliore, in una scuola popolosa anche se distante. Ma adesso, come dire loro che non posso più garantire il trasporto scolastico?». E’ solo uno dei drammi del territorio. Lì, in quell’area di pochi chilometri quadrati, sorge l’impianto di potabilizzazione: acque lucane che finiscono in territorio pugliese alla velocità di 3,5 metri cubi al secondo. «Possiamo davvero abdicare a questa ricchezza?».
Hanno competenze, ma non hanno fondi. E talvolta devono agire pure su fronti istituzionali “fuori regime”. «Se dalla Provincia mi dicono che non hanno soldi per il trasporto scolastico degli studenti delle scuole superiori, che è loro competenza – fa notare Salvatore Adduce, sindaco di Matera – io provo a dire ai genitori riuniti in Municipio, che se me ne facessi carico, interverrebbe la Corte dei conti. Ma mi sento rispondere “che ce ne importa?”. Allora, va bene, io firmo lo stesso». L’applauso che scatta dalla platea è un po’ anche sfogo dei sindaci che ogni giorno sono alle prese con la quotidianità. Nessuno di loro può lavarsene le mani, anche se non compete.
Nel periodo 2005-2010 il taglio centrale sui trasferimenti ai Comuni è stato pari a 85 milioni di euro, mentre solo nel 2011 la cifra è di 45 milioni. Se poi dovesse davvero scattare il federalismo fiscale, il taglio nel 2012 calcolato dall’Anci sarà di 95 milioni di euro.
Il prefetto raccoglie, perché dice, è la nostra Costituzione a sancire l’importanza delle autonomie locali. Emozionato nell’annunciare l’addio al servizio, dopo 40 anni, proprio in una sala piena di fasce tricolore, Riccio ricorda a tutti che «la Repubblica non è più “ripartita”, ma si “costituisce” delle sue regioni, dei suoi comuni. Democrazia costruita dal basso verso l’alto», da tenere bene a mente in tempi di celebrazioni dello stato unitario. I sindaci sono lì, in trincea, per evitare di chiudere. Per quella democrazia, nessuno vuole abdicare.

Sara Lorusso

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