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GENTILE presidente,
ho letto gli interventi di molti soggetti interessati al tema dei danni provocati nel territorio del nostro Parco del Pollino da branchi di cinghiali che ormai, in maniera incontrollata, popolano le campagne di molti paesi ricadenti nell’area protetta.
Ho ascoltato molti cittadini, gente di buon senso, molti dei quali manifestano l’assoluta difficoltà a poter comunicare i loro disagi a soggetti ed istituzioni prossime, di cui hanno smesso di fidarsi: è questo il limite più grande, l’ostacolo maggiore che si frappone tra la nostra credibilità d’istituzione e la partecipazione attiva dei cittadini alla nostra idea di territorio, di sviluppo, di tutela. Molti di questi cittadini vivono l’esasperazione dell’impotenza. Chi viola la legge sbaglia: questo principio vale per i cittadini e per chi sapeva e non ha agito per garantire proprietà, incolumità, colture.
Tra le tante voci che ho avuto modo di ascoltare manca, colpevolmente, quella della politica, che appare, su questi temi, “virtuale”.
Io rispetto il Suo lavoro e ne comprendo, con tutti i limiti del mio osservatorio e delle mie conoscenze, le difficoltà ma mi chiedo cos’è un Parco se non è abitato da uomini che ne condividono valori, l’identità e l’idea di futuro.
Converrà con me che non c’è Parco senza uomo: lo affermo per cultura e per formazione. L’impressione che traggo, non tanto e non solo per le dichiarazioni opportune e precise degli addetti ai lavori, dall’interlocuzione con i cittadini che contano da anni i danni, è che l’uomo, che questa terra l’ha fatta, prima del Parco e con i cinghiali, arretra, incapace di preservare le sue colture e la sicurezza della propria casa.
Non è solo il tema del danno e del suo risarcimento e non è compiutamente un tema di norme. Ho a che fare con la legge quotidianamente e posso dire, senza tema di smentita, che le attuali norme sono sufficienti ad avviare la risoluzione del problema e qualora non lo fossero non c’è norma di cui non possiamo chiedere modifica, integrazione o miglioramento.
Con questo ribadisco che comprendo le difficoltà applicative del quadro normativo vigente che Lei stesso, fin dal 2007, ha provveduto a denunziare rendendosi conto che “l’eccessiva presenza di cinghiali minaccia oltremodo le colture del territorio acuendo le già esasperate tensioni sociali esistenti”. E dal 2007 ad oggi quali azioni i cittadini hanno potuto misurare a tutela loro e del loro Parco?
A questa sua dichiarazione di consapevolezza ne sono seguite altre, con decorrenza annuale. Le sollecito, pertanto, un pubblico incontro ormai non più procrastinabile, al quale far partecipare, oltre ai cittadini interessati, i soggetti istituzionali che gestiscono l’attività venatoria, vale a dire le Province nonché i Sindaci che raccolgono, quotidianamente, le istanza dei cittadini.
Come uomo di questo territorio e come amministratore ho ritenuto di scriverle perché conosco i fenomeni di spopolamento di questa regione e del territorio del Parco in particolare. Se è vero che le dinamiche dello sviluppo e la qualità della vita del nostro territorio dipendono anche dal Parco, la risoluzione del problema che Le sollecito sta in questi processi. Non vorrei rassegnarmi a registrare, assieme a Lei, il disagio di annoverare la presenza eccessiva di alcune specie animali e la continua contrazione demografica, riconoscendo nell’uomo l’unica specie in estinzione del Parco. Provare ad invertire questa tendenza è compito di ogni uomo delle istituzioni e sono sicuro che tutti faremo la nostra parte.
Per parte mia Le offro il mio modesto contributo all’interno di un confronto che ha un obiettivo comune: dare voce a chi, per cultura millenaria, non è abituato a chiedere.
Buon lavoro.

Aurelio Pace
Coordinatore Gruppi di Minoranza Provincia di Potenza

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