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POTENZA – Di certo la senatrice Maria Antezza non è stata la prima a beneficiare della possibilità di andare in pensione anticipatamente per il lavoro da consigliere svolto alla Regione fino alla elezione a Palazzo Madama.
Lo ha fatto intendere lei stessa nella 294820lettera che ha inviato giovedì alla nostra redazione. Lettera in cui, la senatrice Antezza, parla espressamente di una legge regionale (la numero 38 del 29 ottobre 2002) «già applicata nel corso degli anni».
Da quanto si è appreso ci sarebbero altri tre precedenti analoghi. In particolare è emerso che la legge in questione fu approvata ai tempi di Egidio Mitidieri presidente del consiglio e fu immediatamente applicata per un ex consigliere regionale colpito da una gravissima malattia che degenerò fino al decesso poco tempo dopo.
Ma le procedure, per la richiesta del prepensionamento per “inabilità al lavoro” e per il parere che viene espresso dai componenti dell’Ufficio di presidenza integrato da tutti i capigruppo dei partiti rappresentati nell’assemblea, sono così “celate” all’esterno (per motivi di privacy legati a temi legati alla salute dei richiedenti) che è difficile ottenere notizie.
Per chiunque non abbia fatto parte della ristretta cerchia dei componenti dell’Ufficio di presidenza (si rinnova annualmente) in carica proprio al momento delle procedure per il prepensionamento di un ex consigliere.
C’è una sorta di muro di gomma sui beneficiari di quella che a tutti gli effetti è una pensione pubblica concessa per legge ad ex consiglieri regionali eletti.
Quello che è chiaro che tutto avviene attraverso l’applicazione di una legge regionale approvata in sede di consiglio nell’autunno del 2002: “Testo unico in materia di indennità di carica, di funzione, di rimborso spese, di missione, di fine mandato e di assegno vitalizio spettanti ai consiglieri regionali della Regione Basilicata”.
In pratica una legge che stabilisce tutte le pratiche e tutti i dettagli economici relativi alle indennità e gli altri “guadagni” dei legislatori regionali.
E c’è tutto la parte relativa ai trattamenti sulla pensione e a eventuali anticipi. Il comma 5 in particolare precisa le norme sui consiglieri inabili al lavoro: «Hanno diritto all’assegno vitalizio, indipendentemente dall’età, i consiglieri cessati dal mandato i quali provino di essere inabili al lavoro in modo permanente, purché abbiano esercitato il mandato per almeno 5 anni, o che abbiano comunque effettuato i versamenti per un corrispondente periodo (…)”.
Il testo della legge precisa ancora che “l’assegno spetta, comunque, indipendentemente dalla durata dell’effettivo mandato consiliare, qualora l’inabilità al lavoro in modo permanente sia dovuta a causa dipendente dall’esercizio del mandato stesso”.
E quindi anche il passaggio relativo ai casi di “inabilità parziale” per i quali la legge prevede che a decidere sia “l’Ufficio di presidenza del consiglio integrato da un rappresentante di ciascun gruppo consiliare”.
E ancora si legge sul testo della legge al comma 6 che l’accertamento dell’inabilità permanente “è compiuto da un collegio medico composto da tre membri di cui due nominati dal presidente del consiglio e uno indicato dall’interessato.
Sulle conclusioni del Collegio medico delibera, inappellabilmente, l’Ufficio di presidenza del consiglio, integrato ai sensi del comma 5, il quale può disporre, prima di pronunciarsi, ulteriori accertamenti”.
Insomma questa è la legge. E tutto è avvenuto, in passato come in questo momento, secondo una legge che stabilisce chiaramente come procedere.
Così come, per una norma, è anche stabilito che per accedere al prepensionamento da incarichi regionali attraverso una causa di servizio è necessario non svolgere altri ruoli istituzionali.
Nel Caso specifico della senatrice Antezza, la pensione “baby” sarebbe quindi congelata fino alla fine della carriera politica.
Il tema in ogni caso è “caldo”. In un momento come quello attuale in cui la crisi “morde” una gran parte della popolazione del Paese, è impossibile non fare accostamenti con i privilegi da casta. La nostra redazione, non a caso, è stata invasa da commenti di cittadini che hanno dichiarato il proprio “sdegno” per un percorso definito preferenziale solo per “politici”.
La cosa che salta agli occhi dalla lettura del testo della regionale del 2002 è che non viene stabilito un limite percentuale di disabilità necessaria.
Si parla invece, di inabilità permanente (o momentanea nel qual caso è necessario il parere dell’Ufficio di presidenza allargato ai capigruppo) e basta. Insomma è stabilitò che si ottiene il prepensionamento se si è inabili al lavoro di consigliere regionale. Qualche perplessità sulla opportunità però c’è. Non si comprende in buona sostanza, come sia possibile essere inabili per lavorare alla Regione e allo stesso tempo essere “abili” a svolgere il delicato ruolo di senatore della Repubblica. Misteri della politica.

Salvatore Santoro

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