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di UGO GRAVINA*
Trovo corretto porre all’attenzione dell’ opinione pubblica il progetto della metro c.d. leggera, che può tranquillamente definirsi opera fondativa di ogni ipotesi di miglioramento degli assetti della mobilità in tutto l’hinterland cosentino. Credo anche che il dibattito che si è aperto valga non solo come occasione per stigmatizzare la vetustà di certe opinioni in merito alla visione urbanistica dell’area urbana ma possa servire a costituire un valido banco di prova per restituire contenuti alla politica. Se la politica non si occupa di cose concrete di cosa deve occuparsi?
La necessità di spendere i 160 milioni di euro accordati per il finanziamento dell’opera non può ritenersi interdittiva della libertà di opinione tanto più quando l’opinione espressa è funzionale all’affermazione delle esigenze e dei bisogni della collettività. Di una collettività, si badi, le cui caratteristiche demografiche, sociali, economiche e culturali, sono mutate in tempi ancor più rapidi di quanto le profetiche visioni politiche di Giacomo Mancini e di Cecchino Principe potessero prefigurare.
Se, per stessa ammissione dei tecnici originariamente incaricati, ci troviamo di fronte ad un progetto “partito” quasi quindici anni or sono, non v’è dubbio alcuno che quest’ultimo vada rivisitato, discusso e integrato prima che se ne dia l’avvio ufficiale alla sua realizzazione. Non essendo peraltro colpa di nessuno dei tanti Sindaci che oggi fronteggiano le esigenze di governo di un’area vasta come quella che va dal Savuto fino alla piana di Sibari, se il progetto di metropolitana così com’è appare asfittico rispetto alle esigenze di uno dei territori più moderni e progrediti della Regione Calabria.
Associandomi a chi autorevolmente ha definito i tempi della progettazione dell’opera come tempi da tartaruga, mi trovo costretto a rilevare ancora una volta che il difetto conseguente all’esecuzione dell’opera (percorso limitato alla tratta Cosenza/Rende/Unical), priva delle necessarie rettifiche ed integrazioni proviene dall’anacronistica identificazione dell’area urbana con i soli comuni di Cosenza e Rende, derivante non già come i più ritengono, da attuali scelte politico/programmatiche, ma dal mancato aggiornamento della vecchia programmazione regionale POR 2000/2006 alla realtà territoriale dei nostri giorni.
I problemi conseguenti a tale ritardo programmatico, che auspico non sfugga anche agli attuali amministratori regionali di colmare, consistono essenzialmente nell’aver dovuto concentrare gli interventi all’interno di questa area senza poterne prevedere la loro dislocazione funzionale in un territorio più vasto, ormai completamente urbanizzato, corollario del nucleo metropolitano centrale e a forte rischio di periferizzazione, i cui effetti negativi si riverberano sulla qualià della vita cittadina.
E’ per questo che l’idea lanciata dal sindaco di Cosenza, di considerare possibile il riuso della linea ferroviaria esistente appare molto interessante. Esso, oltre che essere facile strumento per ampliare il raggio di azione dell’opera potrebbe costituire presupposto di riqualificazione di territori emarginati, raccordare le aree produttive di comuni contigui, integrarsi con la più vasta opera di connessione veloce Ionio/Tirreno facilitando l’accesso alle aree interne ed essere utile ad un sistema turistico integrato mare/montagna.
Vi sono scelte che devono prescindere dalle appartenenze politiche e dalle militanze di partito e questa è una di quelle. Personalmente non ho mai lesinato critiche alla mia originaria parte politica quando non ne ho condiviso le scelte e non ho mai omesso di fare doverosi apprezzamenti alle buone opzioni esercitate dalla parte politica diversa da quella da cui provengo. Se c’è una linea sulla quale mi piace camminare in politica è quella di non sacrificare mai ad interessi parziali le scelte che riguardano il futuro dei cittadini.
E’ apprezzabile l’impegno profuso dagli amministratori regionali per velocizzare il processo di spesa su alcuni grandi progetti, ma le sollecitazioni agli approfondimenti e alle integrazioni sono fondate perché esse coincidono con l’interesse comune a ripristinare il protagonismo del capoluogo di provincia come centro dal quale attingere linfa per la rigenerazione di un tessuto urbano che va ben oltre i confini della città in senso stretto.
Ed è all’interno di questo tessuto che è necessario intraprendere una forte azione di apertura dell’Università al territorio facilitandone l’accessibilità, potenziandone la sua natura residenziale e rafforzandone il suo valore propulsivo di diffusione di sapere spendibile nella vita quotidiana dei popoli.
Trovo opportuna, vista la disponibilità manifestata da più parti, la costituzione di un tavolo di confronto tra Amministratori, tecnici, parti sociali e Università. Le logiche della concertazione e le buone pratiche associative hanno spinto il comune di Montalto ed altri dieci comuni della media Valle del Crati alla costituzione di un ente ad hoc per la definizione delle strategie comuni di crescita e sono certo che l’area vasta denominata Kratos e generata proprio su questi importanti presupposti ha molto da dire in proposito. La Pianificazione strategica associativa messa in atto da questi undici comuni è in linea con le prospettive di rinnovamento istituzionale attivate dalla Regione Calabria e si inserisce pienamente nelle strategie di sviluppo locale delineate di recente nei Pisl certamente utili anche a colmare problematiche progettuali come quella che riguarda il progetto della metro leggera.
*sindaco di Montalto
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