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di NUCCIO FAVA
“Vivo, vegeto e libero” sono state le prime parole di Domenico Quirico, inviato della Stampa, al suo direttore e alla sua famiglia. Lo stesso lo stato d’animo degli altri colleghi che fino a un attimo prima temevano per la loro sorte e che grazie a un inaspettato blitz di giovani libici si ritrovavano finalmente liberi e subito impegnati a riprendere il proprio mestiere. La prima notizia era infatti quella di comunicare l’avvenuta liberazione, suscitando una comprensibile emozione e un comprensibile sollievo in tutta l’opinione pubblica. Una considerazione aggiuntiva sarebbe forse utile e necessaria, a cominciare da noi stessi giornalisti, sull’importanza e delicatezza di un mestiere che ha il fondamentale compito di rappresentare e raccontare i problemi del mondo specie quando sono costituiti da tragedie e vicende dolorose come quelle che si verificano in tutte le zone di conflitto. Il giornalista affronta consapevolmente anche il rischio della propria vita non per leggerezza o imprudenza da eroe solitario, ma per intima vocazione e senso alto del proprio dovere professionale. In particolare, nel caso dei quattro colleghi rapiti compresa una donna, si tratta di professionisti non più giovanissimi, esperti, con una lunga esperienza di inviati su tutti i fronti più caldi del pianeta. Professionisti che hanno raccontato anche i lati oscuri e più ignobili dei conflitti, dando sempre una chiave di lettura non superficiale e aiutando il lettore a comprendere le ragioni più complesse delle diverse parti in conflitto e rappresentando esigenze di giustizia e verità che vanno ben oltre gli elementi di tattica militare o di strategie del’’uno o dell’altro schieramento. Questa sensibilità non solo professionale non a caso si è subito espressa in un pensiero di dolore e di ricordo, da parte dei giornalisti liberati, per l’autista ucciso durante l’assalto e per lo speciale apprezzamento del coraggio e dell’abilità dimostrata dei due ragazzi libici intervenuti nell’appartamento dove i giornalisti erano segregati. Paradossalmente, davvero un paradosso inconcepibile, mentre l’Italia intera assiste sempre più stanca delle sconclusionate discussioni senza sbocco sulla manovra economica, si trova alle prese con l’assurda vicenda che rischia di mettere a repentaglio l’inizio del campionato di serie A. Non siamo sufficientemente attrezzati per approfondire i termini tecnici dello scontro né scopriamo moralisticamente per la prima volta che sono in gioco interessi miliardari che riguardano prima di tutto i responsabili delle società calcistiche, in un mercato da capogiro che riguarda il mondo intero. Basta ricordare il trasferimento in Russia di Eto’o o le tante prestigiose conclusioni di carriera negli Emirati Arabi. Né possiamo però trascurare l’impressione, per quanto superficiale possa apparire che, tra la faccia di Tommasi, presidente dell’associazione calciatori, e quella di Beretta presidente della Lega, la nostra tentazione è di dare più credito all’ex centrocampista della Roma (che non rappresenta solo i calciatori milionari o quelli i più longevi) rispetto a Beretta o a Galliani i cui conti milionari saranno comunque sempre assicurati.

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