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Operazione questa mattina dei carabinieri del Nucleo Investigativo e dei finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Cosenza che hanno concluso l’esecuzione di una serie di provvedimenti di confisca nei confronti dei principali esponenti della cosca “Cicero”, attiva nel capoluogo e nell’hinterland cosentino attraverso l’allarmante perpetrazione di delitti contro il patrimonio, ponendo i sigilli ad un rilevante patrimonio, stimato in circa quattro milioni di euro e composto principalmente da beni mobili, immobili ed aziende. Dopo l’operazione denominata “Anaconda” del giugno 2008, i militari dell’Arma cosentina avevano decapitato la cosca mafiosa eseguendo, nei confronti dei sodali, 34 provvedimenti restrittivi emessi dalla magistratura antimafia procedente, cui avevano fatto seguito le sentenze di condanna del Tribunale di Catanzaro di primo e secondo grado (per gli imputati che avevano scelto il rito abbreviato) e la recente sentenza di primo grado del 29.06.2011 emessa dal Tribunale di Cosenza (rito ordinario) che ha condannato tutti gli imputati indicati dagli inquirenti come appartenenti al predetto sodalizio.
Nel settembre 2008, è partita poi una collaborazione investigativa tra l’Arma e la Guardia di Finanza di Cosenza che ha permesso di ricostruire le dinamiche del consistente patrimonio accumulato illecitamente dal sodalizio criminoso anche mediante interposizioni fittizie di soggetti “prestanome”.
Già nel luglio 2010, erano stati emessi dal Tribunale di Cosenza, alcuni provvedimenti di sequestro che avevano riguardato 3 imprese commerciali, 5 immobili adibiti ad uso civile, alcuni conti correnti bancari e diversi veicoli.
I finanzieri ed i carabinieri erano riusciti a ricostruire il patrimonio del clan quantificato in oltre 5 milioni di euro, e riconducibile al capo clan, Domenico Cicero (in foto) ed ai suoi affiliati (tutti condannati quelli sui quali si è proceduto), anche attraverso soggetti prestanome, che veniva valutato dal Tribunale come sproporzionato rispetto alle effettive capacità economico – reddituali. Oggi il Tribunale di Cosenza ha confermato in pieno l’impianto accusatorio sostenuto dalla D.D.A. di Catanzaro e confiscato un’impresa commerciale operante nel settore del commercio di materiale edile facente capo a Osvaldo Cicero, figlio del boss Domenico, con annesso magazzino adibito a punto vendita ed ora denominato “L’edilizia di Cicero Osvaldo”; 4 ville di lusso, di cui 3 nel comune di Cerisano ed una in quello di Mendicino; 3 autoveicoli di media cilindrata, tutti in ottime condizioni; 2 motoveicoli ed un conto corrente sul quale confluivano i proventi dell’usura e delle estorsioni perpetrate dal sodalizio criminoso.
All’indiscusso ruolo di capo rivestito da Domenico Cicero, riconosciuto anche dalle cosche avverse come elemento verticistico dell’organizzazione che prende origine da quella storica denominata “Perna – Pranno” ed operante a Cosenza negli anni ’90, fa seguito quello prestato dal figlio Osvaldo e dal fratello Francesco, che hanno garantito la sostituzione del boss successivamente al suo arresto avvenuto nell’ottobre del 2006 per l’operazione “Missing” ed investito il denaro provento delle innumerevoli azioni delittuose condotte dal sodalizio criminale in attività apparentemente lecite ed afferenti il settore del commercio e dell’edilizia. Il ruolo di contabile, invece, è risultato essere stato ricoperto contestualmente da Riccardo Greco e Lorenzo Lucchetta.
A Domenico, Francesco e Riccardo Cicero, in particolare, sono state confiscate 3 ville di lusso ubicate in Cerisano (CS), frutto di un pregresso accordo con un costruttore locale che avrebbe dovuto prevedere la disponibilità delle predette unità abitative appannaggio della cosca in cambio di ingenti dazioni di denaro.
Al contabile del gruppo, Lorenzo Lucchetta, invece, è stato confiscato un conto corrente sul quale confluivano le più importanti e sistematiche transazioni finanziarie ed afferenti il pagamento degli interessi a tassi usurari da parte delle numerose vittime. Infine, agli affiliati dediti all’esecuzione delle attività estorsive ed usurarie, con particolare riferimento alla raccolta del denaro dalle mani delle persone vessate ed alla realizzazione degli atti intimidatori (Gianfranco Sganga e Giuseppe Perna) sono stati confiscati i veicoli in loro uso ed una villa di lusso costruita nel territorio di Mendicino (CS) e destinata a Sganga, frutto dell’investimento del denaro provento dell’usura e del traffico di stupefacenti.
Infine, anche la discoteca “Le Club” (già “Corte dei Miracoli”), gestita formalmente da Gianfranco Cundari, è stata confiscata in seno al processo penale “Anaconda” con la sentenza del 29.06.2011 emessa dal Tribunale di Cosenza, che ha sancito la riconducibilità e la reale gestione della stessa agli elementi di vertice del clan Cicero.
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