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Mimmo, Maria, Agostino e Fedele a Serramarina, in provincia di Matera, e Patrizia, Adele ed Ernesto a Marina di Ginosa, nel tarantino, cominceranno da domani lo sciopero della fame per sollecitare la nomina, da parte del governo, del commissario che, con poteri straordinari, intervenga per far fronte allo stato d’emergenza derivante dalla esondazione dei fiumi del primo marzo scorso che ha provocato la perdita del lavoro per numerose aziende agricole e la distruzione di abitazioni, soprattutto nel tarantino.
A causa del maltempo, il primo marzo scorso si verificarono le esondazioni del Bradano, dell’Agri, del Sinni, del Basento e del Cavone (in Basilicata) e del Galaso (nel tarantino), che provocarono una situazione di emergenza in tutta la zona compresa tra i due territori regionali. «Noi siamo – raccontano gli organizzatori della iniziativa che fanno parte del Comitato per la difesa delle terre Joniche – le prime ‘vittime’ della modifica della legge sulle calamità naturali contenuta nel milleproroghe con la quale la gestione dei danni provocati dalle calamità naturali ricadrebbe sulle Regioni con l’innalzamento delle tasse regionali e questa situazione di rimbalzo di responsabilità tra governo e Regioni sta creando di fatto uno stallo».
“Non toccheremo cibo – annunciano – fino a quando non ci saranno risposte certe. Contro l’arroganza – dicono – di chi fa finta di non vedere lo stato in cui siamo e cerca ogni scusa per non assumersi le sue responsabilità opponiamo la nostra dignità di chi non ha colpe ma chiede diritti ai risarcimenti e ad un territorio in sicurezza». In realtà, secondo gli organizzatori della iniziativa, nulla è stato fatto «dopo le espressioni di solidarietà e gli impegni dei parlamentari di maggioranza ed opposizione, che avrebbero dovuto agire sulla finanziaria con misure correttive capaci di rimediare alle responsabilità della politica ma che non si sono realizzate per la ‘blindaturà del testo della finanziaria» e anche «dopo la disponibilità data dalle Regioni ad intervenire anche finanziariamente, se fossero stati rimossi gli ostacoli normativi del patto di stabilità».
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