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di DOMENICO MINUTO
Non mi soddisfa l’intervento di Tonino Perna a difesa della speranza dei calabresi pubblicato sul Quotidiano di domenica 10 luglio 2011. Egli reagisce alla prefazione di Eugenio Scalfari ad Aspra Calabria di Giorgio Bocca, ed. Rubbettino 2011. Eugenio Scalfari riflette angosciato su tante realtà di inciviltà e cattiveria che ci sono oggi in Calabria, affermando che “la zoologia è cambiata, ma i cuori sono sempre di tenebra” e concludendo che si può soltanto sperare “che alla fine la brava gente vincerà”. Non crede che ciò avverrà e nemmeno io ci credo, ma la virtù della speranza è un dovere. Tonino Perna, invece, afferma che stia emergendo un altro Sud, e valuta positivamente in Calabria sia l’influenza di tre università e di tante associazioni culturali sia un’attenzione, che ritiene sempre maggiore, verso i “popoli del bacino del Mediterraneo”. A me sembra che anche e, per quanto ci riguarda, soprattutto in Calabria, si apra sempre più il divario fra ciò che si proclama e ciò che è, e non solo nel campo politico e commerciale, ma in quello dei servizi pubblici e privati, nella scuola, nei beni culturali, per non dire del lavoro nero e di una diffusa crudeltà verso gli immigrati, compensata, è vero, da tanti episodi di affettuosa accoglienza. Mi sembra che anche nelle università, ed in genere nella scuola calabrese, anche nelle associazioni, alligni faciloneria, incompetenza, falsità che più volte è frode. D’altra parte, basta sfogliare le pagine del Quotidiano, comprese le lettere al direttore, per farsi un’idea aggiornata di ciò che si vede e si soffre in giro per la Calabria. Se si trattasse di doverci difendere dal giudizio degli altri, mi basterebbe quel che dice Tonino. Se dovessimo trovare le colpe degli altri popoli per i nostri guai, non partirei dall’ Unità d’Italia, come fa Tonino: scenderei almeno fino agli Angioini. Ma tutto questo mi sembra accademia di fronte alle nostre condizioni: come società civile, siamo nei guai fino al collo, forse non esistiamo più. Non bastano le tre università né le associazioni. Dobbiamo ricreare un costume sociale rigoroso, un’educazione civica corretta: non solo affinché i pedoni non vengano travolti sulle strisce o i boschi e il mare non continuino ad essere una raccolta indifferenziata di rifiuti, ma affinché tutti, e specialmente i professionisti, che troppo spesso sono ignoranti e fraudolenti (dai ragionieri ai geometri agli avvocati ai medici ai giornalisti ai commercialisti ai docenti agli ingegneri ai professori universitari, eccetera) avvertiamo di dover rispondere alla voce di una coscienza collettiva, che oggi sembra scomparsa. Invoco l’intervento etico delle associazioni, degli ordini professionali, dei sindacati, di tutti noi, che dovremmo impegnarci a non sopportare un comportamento indecoroso sia nostro sia di chi ci vive accanto, del collega e dell’amico. Se non usciamo dal nostro provincialismo, fatto di arrogante incompetenza, fraudolenta faciloneria, omertà e nello stesso tempo incapacità di collaborare assieme, sollecitandoci reciprocamente a fare meglio, come calabresi non abbiamo più motivo di esistere.

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