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di FLORINDO RUBBETTINO
Sono grato al Quotidiano per il dibattito aperto sul libro “Aspra Calabria” di Giorgio Bocca pubblicato dalla Rubbettino con introduzione di Eugenio Scalfari. Quando ho deciso di pubblicare il libro ero ben conscio del fatto che avrebbe sollevato polemiche e discussioni. E i molti interventi che si sono succeduti su queste pagine ma anche su altre testate non hanno mancato di registrare i pregi e i limiti del racconto e dell’analisi di Bocca e anche di rilevare quanto l’introduzione di Scalfari al testo possa risultare, a seconda dei diversi punti di vista, un contributo attento alla discussione o troppo poco rispetto alla complessità delle vicende. Ciò che a mio avviso non è emerso a sufficienza è il fatto che il libro è stato pubblicato in una collana di scritti di viaggio in Calabria, giunta al venticinquesimo volume, denominata appunto “Viaggio in Calabria” dove appaiono cronache e diari compilati da viaggiatori italiani e stranieri di ogni tempo che hanno attraversato la regione, e narrato paesaggi, atmosfere, culture e folclore. Non è un dettaglio da poco per inquadrare questa operazione editoriale. Qualcuno intervenendo nel dibattito ha scritto che l’analisi di Bocca è fuori tempo, altri che non aiuta a capire la Calabria di oggi, altri ancora che essendo stata presentata come saggio e non come documento da far conoscere costituisce un “incidente culturale”. E invece se si presta maggiore attenzione alla collocazione editoriale dell’opera appare chiaro come la pubblicazione di “Aspra Calabria” così come l’intera collana risponde proprio al progetto di presentare un documento di quel complesso mosaico di testimonianze sulla nostra regione attraverso quello sguardo esterno imprescindibile per guardare con maggior distacco alle nostre vicende. Le narrazioni di questi viaggiatori tracciano un itinerario a più mani e con più sguardi, da diverse postazioni, per disegnare e dare corpo al profilo di questa regione. È questa l’idea che con Vittorio Cappelli avevamo in mente quando abbiamo progettato questa collana ed è questo lo spirito con cui la porteremo avanti. Nelle annotazioni di questi viaggiatori sono presenti luci, ombre e contraddizioni di una regione sempre difficile da leggere e raccontare. Come tutti i diari di viaggio, queste cronache non sempre restituiscono la precisione del ricordo. Gli scritti si nutrono spesso dell’immagine e dei pregiudizi che ognuno si porta dietro e che proietta sull’oggetto del proprio racconto. Si legge il territorio attraverso le proprie lenti, i propri ricordi, le proprie sensazioni e letture. Questo vale per un grande giornalista come Bocca come per tanti dei viaggiatori che hanno attraversato nei secoli la nostra regione. Nella stessa collana abbiamo pubblicato, ad esempio, Cesare Lombroso che indubbiamente traccia un ritratto ingeneroso della Calabria e dei calabresi. E non è il solo. Ciò che conta è però l’affresco complessivo che viene fuori da questi scritti, soprattutto incrociando i singoli tasselli di questi racconti che attraversano vari periodi e che sono frutto dell’opera di personaggi noti e sconosciuti, scrittori e poeti, medici e militari, viaggiatori per diletto e per lavoro, artisti ed esuli. Ho chiesto a Eugenio Scalfari, che ha accettato con generosità, di introdurre il testo di Bocca. Come per gli altri volumi l’idea di affidare l’introduzione a uno studioso o intellettuale autorevole è una specificità della collana. Non capisco dunque come si possa ritenere che all'”incidente culturale” concorra anche l’introduzione. E in ogni caso credo che ogni libro che affonda il dito nelle piaghe di questa terra sia un contributo prezioso. Tanto più se le pagine sono opera di due dei più grandi giornalisti del nostro tempo. Che, come tutti, vanno letti con senso critico e sottoposti a duro contraddittorio. Come si sta facendo meritoriamente in questi giorni su queste pagine.
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