3 minuti per la lettura
Padre Fedele Bisceglia dalla condanna del tribunale di Cosenza a nove anni e tre mesi, non ha smesso di far sentire la propria voce. Ogni giorno porta sugli scalini del Tribunale di Cosenza dei fiori per ricordare “la morte della giustizia”. E ieri mattina è iniziata una tre giorni di incontri in piazza 11 settembre, in cui l’ex frate ricostruirà i motivi per cui si è ritrovato invischiato in un “complotto ordito ai suoi danni” che l’hanno visto inquisito e condannato per violenza sessuale ai danni di una suora. A suo dire i motivi del complotto sono tre: la volontà da lui manifestata di voler aiutare l’istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello; il tentativo di prestare aiuto ai bambini rom; l’intenzione di voler mettere le mani sull’Oasi Francescana.
Ieri mattina è stato toccato il primo di questi tasselli. Padre Fedele ha mostrato e letto, di fronte una trentina di cittadini, alcune lettere da lui scritte con oggetto la questione del Papa Giovanni XXIII, “tutte senza risposta da parte dei destinatari”. Le prime due risalgono ad un periodo precedente all’arresto dell’ex frate. Nel 2004 scrisse una lettera all’ex arcivescovo di Cosenza-Bisignano, monsignor Agostino, in cui si legge «Ho letto su alcuni giornali le difficoltà che sta vivendo per le sorti della Fondazione “Papa Giovanni XXIII”. Esprimo la mia totale disponibilità a collaborare con lei in questa grande opera. Sono disposto a spendere la mia vita per gli emarginati e gli ultimi. Mi offro per collaborare e salvare il “Papa Giovanni”».
Si passa poi ad una lettera – articolo datata 15 settembre 2005 dal titolo: “Istituto Papa Giovanni XXIII: il lager della vergogna!”. Si legge: «Cari politici, caro presidente della Regione, eccellenze reverendissime, Chiesa di Calabria, confratelli preti e suore . apriamo veramente le porte a Cristo! Se non siamo capaci di risolvere l’annoso problema, ogni comunità religiosa e parrocchiale prenda con se un ammalato del Papa Giovanni! Altrimenti scenderò in piazza svergognando quanti hanno abusato dei miei fratelli ammalati. Ai politici, alla chiesa, ai responsabili. Ho sempre detto di essere disponibile ad aiutare. Non ho avuto risposta!».
Nel periodo successivo al suo arresto, Padre Fedele invia un’altra missiva al vescovo Giuseppe Agostino, dove è scritto: «Volevo aiutarti nella gestione dell’Istituto papa Giovanni, ma don Alfredo Luberto ti avrà distratto. Tu sai bene che sono vittima di un complotto. Tu sai chi ha assoldato la suora. Parla, caro ed amato Pastore!». L’ultima lettera è proprio rivolta a Don Alfredo Luberto, datata luglio 2007: «Ti ricordi quando sono venuto a Serra d’Aiello a settembre 2005 per aiutarti nella gestione. Ti ho telefonato una mattina di settembre chiedendoti di poter visitare l’istituto con un giornalista della Rai e tu mi hai risposto sarcasticamente. Poi hai subito avvisato il vescovo suscitando il putiferio: il mio provinciale contattato dal vescovo stava impazzendo. Ho raggiunto il presule a Reggio Calabria per chiarire, mentre il giornalista è stato “frenato” dal capo redattore della Rai Calabria». Oggi si terrà l’intervento sulla questione dei bambini rom. Per la cronaca anche ieri padre Fedele ha portato i fiori davanti al tribunale di Cosenza. Lo sta facendo dal giorno della sentenza perchè, secondo lui, «la giustizia in città è morta».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA