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L’INCENERITORE Fenice va in ferie fino alla fine di agosto. E lo fa per una non meglio specificata necessità di «manutenzione». Ed è anche uno dei 24 siti lucani ad avere procurato all’Italia una condanna per la non applicazione delle norme in vigore dal 2008 per scongiurare l’inquinamento. La sentenza è del 31 marzo scorso e la nostra regione figura tra le cinque “canaglia”, che non avendo preteso la cosiddetta Aia (Autorizzazione integrata ambientale) dai siti potenzialmente inquinanti sul territorio, non ha consentito all’Italia di rientrare nei parametri richiesti per la tutela ambientale, generando la condanna di cui sopra. Dopo averlo appreso, anche la Ola denuncia che negli ultimi quattro anni, Fenice «ha continuato a funzionare e ad inquinare» anche grazie ad un sistema «illegale» di proroghe tra società Edf-Fenice, dipartimenti Ambiente della Regione Basilicata e Provincia di Potenza. Al centro di questa contesa, per la Ola ci sarebbe un fine ben preciso, ossia proprio lo slittamento oltre i limiti temporali previsti dalla legge, dell’Aia, con l’applicazione delle conseguenti norme Ippc, oggetto della recente sentenza della Corte di giustizia europea che coinvolge anche le dilazioni dei termini «concesse tra l’altro a Fenice, proprio dalla Regione Basilicata, ben oltre i limiti fissati dalle Direttive europee, in presenza di un conclamato grave stato di inquinamento». Fatto questo che ha procurato allo Stato Italiano ed alla Regione Basilicata «una sentenza di condanna della Corte di giustizia europea, proprio per l’incapacità di salvaguardare l’ambiente dall’inquinamento industriale». Su questo la Ola vorrebbe essere smentita dall’assessore Agatino Mancusi con argomentazioni e dati certi, chiarendo, già che c’è, alle amministrazioni locali ed alle comunità del Vulture-Melfese in che cosa consisterebbero le «operazioni di manutenzione ordinaria» annunciate ai sindaci dalla società Edf-Fenice. Sul caso batte anche il sempre attento consigliere regionale del Pdl Gianni Rosa del Pdl, per il quale «sembra che la burocrazia di Basilicata abbia scarso feeling con l’Unione Europea». Un esempio su tutti: alcuni mesi fa con il caso Arbea, per la quale è sempre in agguato «la mannaia belga», oggi invece «tocca ad essere ammonita proprio la Regione Basilicata, ovvero l’ente i cui governanti si vantano essere regione virtuosa nello “sperperare il danaro pubblico”».
Rosa prende in esame la determina 645 del 18 maggio, dalla quale ha appreso che la Corte di giustizia europea, con la sentenza del 31 marzo, ha dichiarato l’Italia inadempiente rispetto agli obblighi di prevenzione e riduzione dell’inquinamento, «non avendo attuato le procedure necessarie affinché gli organi competenti emettano e controllino nei modo opportuno le autorizzazioni ambientali degli impianti industriali, di cui alla direttiva 2008/1/CE del 2008». La condanna, lo dicevamo, arriva per l’inerzia di cinque regioni tra cui è compresa anche la Basilicata.
Il motivo? «Un ritardo nel rilasciare le Autorizzazioni integrate ambientali meglio conosciute come Aia, che sono rimaste appese nelle istruttorie del dipartimento Ambiente». Ventiquattro in tutto – spiega Rosa le richieste di Aia in Basilicata, certo a numero non rappresentano un’enormità, sicuramente questo ritardo è dipeso “esclusivamente” dalla complessità della materia. «A tal proposito – continua – il solerte dirigente generale del dipartimento Donato Viggiano, sollecitato dal dottor Agatino Mancusi che per l’ambiente è disponibile a tutto, è corso subito ai ripari assumendo la determina richiamata, che prendendo atto dell’inerzia, del danno arrecato e della pessima figura politica, provvede a stanziare 151 mila euro per rinnovare a cinque professionisti con “alto livello di professionalità” i contratti di collaborazione per ulteriori 12 mesi, più l’esplicitata possibilità di rinnovo (cosa scontata in Regione Basilicata), quando “forse” tra un anno le pratiche non saranno ancora evase. Prendendo in prestito una frase di Giulio Andreotti che ci pare nel caso calzante “a pensare male si fa peccato, ma spessa ci si azzecca”.
Tutto ciò – continua Rosa – rappresenta nuovamente un fulgido esempio di efficienza tutta lucana».

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