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di ROBERTO DE LUCA*
In quello che potrebbe essere definito il successo della partecipazione popolare e, quindi, l’affermazione della democrazia, potrebbe suscitare in noi calabresi qualche leggera ombra il fatto di aver registrato la partecipazione più bassa d’Italia. Non è la prima volta che succede. La Calabria da sempre nelle tornate elettorali che contano – e questa dei referendum, vista, appunto, la partecipazione, è stata considerata importante – occupa gli ultimi posti della partecipazione elettorale. A parziale giustificazione storica del dato sull’assenteismo elettorale dei calabresi, come di tutte le altre regioni del Sud, occorre rilevare l’incidenza degli emigrati, sia quelli con la doppia cittadinanza che coloro che hanno mantenuto la residenza nel luogo d’origine pur risiedendo all’estero o nel Nord Italia, sul numero di elettori iscritti nelle liste. Ma al di là di questa attenuante, il maggiore astensionismo dei meridionali è un dato di fatto e non da ora. A condizionare la presenza dei calabresi, come di tutti i cittadini, ai seggi elettorali è sicuramente l’importanza della posta in gioco. Cosicché possiamo ritenere che, visti i livelli di partecipazione, le elezioni politiche e i referendum in Calabria sono ritenute elezioni meno importanti che nel resto dell’Italia, ma che altre elezioni – nello specifico quelle comunali – addirittura possono diventare le più “attrattive” per i cittadini della Calabria, come ha dimostrato l’ultima tornata amministrativa. Le elezioni comunali, soprattutto a partire dall’applicazione della riforma del 1993 con l’elezione diretta del sindaco, riescono a spingere verso le urne molti calabresi che dimostrano, così, un certo interesse, l’importanza della posta in gioco, per quel tipo di partecipazione democratica. Ma non è, quasi sempre, l’elezione del sindaco che richiama grandi masse. Molto più concretamente sono i tantissimi candidati consiglieri – un candidato per ogni condominio – che per parentela, amicizia, stima muovono tanti cittadini a votarli. La straordinaria partecipazione attesta le città capoluogo calabresi che hanno rinnovato i consigli comunali lo scorso mese ai primi posti in Italia (nonostante almeno il 3-4% di elettori “emigrati”.) salvo poi, attraverso la prova del nove dei ballottaggi, far ritornare le città di Cosenza e Crotone agli ultimissimi posti della partecipazione elettorale, con circa 18 punti percentuali in meno di votanti rispetto al primo turno. Nei referendum, come nelle politiche con le “liste bloccate”, non ci sono candidati della porta accanto da votare e per una parte consistente di calabresi subentra il “distacco” dalla politica, l’apatia, a volte, il qualunquismo. Difficilmente quel non voto in Calabria può essere etichettato, infatti, come voto di protesta. Guardando più nel dettaglio la partecipazione dei calabresi nella tornata referendaria non passa inosservata la differenza tra le province. Cosenza e Catanzaro sono sopra la media regionale mentre Crotone e Vibo sono al di sotto di circa 4-5 punti percentuali. Anche questo dato ha un suo riferimento “storico”. E’ invece operazione degna di considerazione politica rilevare i numeri diversi dell’affluenza in alcuni comuni. Partiamo da quelli dove si è registrato una bassa partecipazione, come ad esempio Gizzeria (35%), Laino Borgo (35%), S. Procopio (27%), Isola Capo Rizzuto (27%), Fabrizia (29%), giusto per citarne uno per provincia. Si tratta quasi sempre di piccoli comuni dove costantemente si registra una scarsa partecipazione. Per il verso opposto, i comuni dove si è registrata la partecipazione più alta, citiamo i comuni della Presila cosentina (Serra Pedace, Casole, Pedace, Trenta, Parenti, Rovito), Bivongi, Drapia, Carlopoli superano o sono vicini al 70% di partecipanti, numeri percentuali da elezione comunale e da livelli più elevati nazionali. In questi piccoli comuni l’interesse dei cittadini verso i quesiti referendari è stato suggerito e veicolato, quasi sempre, da giovani – sia attivisti politici e ambientalisti che amministratori – che hanno saputo creare nei loro territori il giusto ambiente ispiratore dell’espressione del diritto-dovere su questioni di interesse civile oltre che politico. D’altra parte, sono in molti a decretare che il successo della partecipazione è ascrivibile soprattutto ai giovani che sono riusciti a mobilitare, con mezzi “a costo zero” e in seguito all’oscuramento televisivo, tanti altri cittadini. Da questi piccoli comuni e dai comportamenti politico-civili dei giovani viene, senz’altro, il messaggio più positivo anche per noi calabresi in questo appuntamento elettorale. Un messaggio – di cui qualche traccia era venuta fuori anche nella scorsa tornata amministrativa – che è anche una speranza per tutti i calabresi che forse cancella un poco quella macchia per essere arrivati ancora ultimi nella partecipazione in questa occasione.
* Osservatorio Politico-Istituzionale
Università della Calabria
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