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di PARIDE LEPORACE
Parafrasando il Galileo di Brecht, a futura memoria di archivio, possiamo dire che ieri, 13 giugno 2011, l’Italia scrive nel suo diario: abolito il nucleare, abolita la speculazione del profitto sull’acqua e sui beni pubblici, abolito l¹uso privato della giustizia. In buona sostanza il berlusconismo è entrato definitivamente in crisi e non parla più alla maggioranza del Paese. Per restare a Brecht, il movimento referendario spinto dal basso, questa volta, non si è dovuto sedere dalla parte del torto perché gli altri posti erano occupati. Un forte segnale politico contro il liberalismo spinto della destra e della sinistra è venuto dai comitati che hanno promosso e vinto insieme ai numerosi partiti di centrosinistra che hanno capito finalmente da che parte arrivavano le istanze di gran parte della popolazione. I temi che nel 2001 a Genova erano stati enucleati dal Movimento dei movimenti diventano agenda politica. Si rinnova la partecipazione. La rete e i social network sono stati determinanti. Erano anni che non si assisteva ad un impegno così diffuso e decisivo che ancora
una volta ha sconfitto i silenzi e le disinformazioni televisive. Questa volta su Facebook non si sono ritrovati compagni di scuola ma antiche esperienze seppellite e passioni comuni per un nuovo agire che reclama una rivoluzione di pensiero per la politica tutta.
Centrosinistra e Terzo Polo hanno compreso che qualcosa è cambiato e hanno aderito a tale istanza. Nei talk show di ieri i partiti hanno avuto un po’
tutti dei problemi a difendere le loro recenti scelte programmatiche. Per esempio sostiene di aver vinto Rutelli che si era espresso per il no sull’acqua (l’Api in Basilicata con oculatezza si è sganciata dal leader nazionale), Bersani e il Pd delle Ato ora dovranno rivedere molte scelte sui servizi gestiti dal privato e anche i nuclearisti alla Chicco Testa hanno poco da rivendicare. Chi ha compreso bene il vento nuovo è Antonio Di Pietro, che ha raccolto firme insieme ai comitati e che ieri ha evitato spocchia e sicumera ben sapendo che i leader referendari non sempre diventano leader di governo come ben ricorda Mario Segni.
In Basilicata il risultato referendario è buono e anche utile. Abbiamo partecipato con passione e determinazione anche noi a far rete. Lo abbiamo fatto per costituzione culturale ma anche per rafforzare la sfera pubblica lucana. Nella nostra regione si registra il miglior dato del Meridione. Un risultato figlio anche di un modello politico che non ha mai aderito al berlusconismo. Il segretario Roberto Speranza ha il merito di aver fatto comprendere a Bersani che era giusto aderire a temi contradditori per chi fa politica frequentando banchieri e multinazionali. Il presidente De Filippo, sempre più a suo agio nei consessi nazionali (domani interviene all’Aspen per esempio), ha saputo metterci la faccia al momento giusto.
L¹enorme e dilatato partito-regione del centrosinistra lucano comunque non poteva trasferire tutto il suo consenso di filiera clientelare su temi tanto politici. Nei piccoli centri si notano le differenze, e quasi simbolicamente a Sant¹Arcangelo e Pietrapertosa per esempio non si raggiunge il quorum. Il voto lucano dice che molti astensionisti di consultazioni elettive e tanta società civile locale chiedono una gestione trasparente dell’acqua e dei servizi pubblici.
Il voto referendario esige che bilanci e stipendi debbano essere trasparenti
come l’acqua che si è difesa. La questione investe anche sanità, rifiuti, mobilità pubblica. Il potere di indirizzo e di controllo da parte della cittadinanza attiva (ancora piccola in Basilicata ma in forte crescita) può garantire la gestione dei servizi pubblici dal malaffare e trasformarli in
qualcosa di diverso dal carrozzone del pubblico ma anche dagli interessi del profitto privato. Abbiamo riscoperto lo spirito collettivo di Scanzano.
Questo nuovo no forte e netto al nucleare è utile anche per chiudere la vicenda delle barre d’uranio a Rotondella. Se la buona politica saprà trarre buone pratiche dal referendum avremo bene pubblico per tutti. Evitiamo di sprecare questa occasione solo per favorire una ristretta classe dirigente troppe volte avvinghiata alle sue aspirazioni personali. Comunque vada però è stata una bella vittoria. La vittoria della ragione.
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