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SANT’ARCANGELO – Era nato a Sant’Arcangelo il 4 febbraio del 1921 Giuseppe Mastrosimone, chiamato affettuosamente dai santarcangiolesi “zio Peppino”. Il padre dell’assessore regionale alla Formazione Rosa Mastrosimone, sì è spento ieri mattina a Matera, nella sua abitazione in via Campania, all’età di 90 anni. Da una settimana le sue condizioni di salute erano peggiorate. Giuseppe lascia sua moglie Felicia e le due figlie:
Ida, la maggiore, e Rosa, la più giovane, alla quale non ha mai fatto mancare vicinanza, sostegno e consigli. Da molto tempo combatteva contro una malattia, che però non ha piegato la sua determinazione e la sua voglia di vivere.
Il padre dell’assessore Mastrosimone era conosciuto da tutti in paese per il suo impegno nel sociale e per la sua generosità e preoccupazione di aiutare i poveri e i bisognosi. Divenne poliziotto, un lavoro che lo obbligò a viaggiare spesso, ma visse soprattutto a Matera, vicino all’affetto della famiglia. Amava anche ritornare nella sua abitazione di Sant’Arcangelo, in via Cesare Battisti, nella parte vecchia del paese.
Il governatore della Basilicata Vito De Filippo, il sindaco di Sant’Arcangelo Domenico Esposito, insieme al parroco della Parrocchia “San Nicola di Bari” don Cesare Lauria, e a tanta gente comune, si stringono in queste ore intorno alla famiglia dell’assessore regionale.
“Zio Peppino è stato umile, di grande dignità e generosità”, assicura chi lo ha conosciuto negli anni, “ha sempre manifestato grande attenzione e interesse per la società. Una tempra forte, una persona appassionata, che adorava dedicare il suo tempo libero anche al giardinaggio e alla cura dell’orto. Un uomo cordiale e dai modi squisiti, così lo ricordano gli amici. Una figura che rimarrà nel cuore di molti santarcangiolesi.
«E’ stato un nonno, un padre, un marito esemplare – ha detto la nipote Silvia – una guida e un punto di riferimento per tutti. Sempre affabile, nonno si è totalmente dedicato alla famiglia e a chiunque avesse bisogno di aiuto. Una personalità forte che non ha ceduto neanche di fronte alle sofferenze della malattia».

Valeria Gennaro

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